Obiettivo della Civica Galleria: La Scuola

Il Blog ha assunto nel tempo due funzioni. La prima è quella di essere espressione del Figurino Storico.
In un mondo globalizzato, lo studio della storia è sempre più indipendente pr capire le origini delle civiltà e questo è il nostro obiettivo primario
Con la denominazione "Civica Galleria del Figurino Storico" si vuole appunto sottolineare la creazione di un vero centro museale, l'unico nelle marche, sulla base di un progetto condiviso tra l'Assessorato alla Cultura del Museo di Osimo, la Società Parko spa che gestisce il trasporto pubblico locale e l'associazione Tavola Rotonda, impostato sullo stile dei grandi musei come lo Stibbert di Firenze e quello di Calenzano dove il figurino storico viene utilizzato come strumento didattico e invito allo studio della storia.
Gli obiettivi della Civica Raccolta osimana sono i medesimi, ma una attenzione particolare è rivolta alle scuole, sopratutto elementari e medie, dove lo studio dei questa materia da parte dei bambini avviene spesso in modo mnemonico; ebbene l'utilizzo del figurino storico vuole essere uno strumento didattico integrativo del libro di scuola ed il nostro locale diventare una sorta di aula didattica dove i bambini si possono appassionare a questa disciplina

La Seconda è quella di divenire lo spazio esterno del CESVAM - Centro Studi sul valore Militare dell'Istituto del Nastro Azzurro come spazio per approfondire, oltre che i temi della Uniformologia, anche quelli concernenti le scienze ausiliari della Storia, quali, oltre la Uniformologia, anche la Vessillologia, ovvero lo studio delle Bandiere, l'Araldica, i Mezzi e gli equipaggiamenti, ed il Collezionismo militare in genere ( cartoline, ecc.)

lunedì 27 ottobre 2014

1914: Interventismo. Di Luigi Marsibilio



Alpino del 1° Reggimento II Battaglione Estate 1915. Riprodotto il Cappello Alpino  ed il fregio grigio verde portato dal 1911 al 192 anno in cui venne adottato quello ancora in uso.

Relazione sull' Incontro dedicato alla Prima Guerra Mondiale
Istituto Rosselli - Aprilia
 Associazione "Un Ricordo per la pace"


“Interventismo”

di

LUIGI MARSIBILIO

Situazione sociale europea allo scoppio delle guerra.
La Grande Guerra scoppia in un momento di immensa confusione per l’Europa. Il progresso, la velocità, le grandi rivoluzioni dettate dalla tecnica sconvolgevano la vita, i ritmi, le esistenze individuali. In pochi decenni si erano imposti le macchine, il treno al posto del cavallo, il telegrafo, l’illuminazione elettrica. Con la visione del mondo di oggi si può affermare che la Prima Globalizzazione fu molto più stravolgente della Seconda Globalizzazione che stiamo vivendo ai nostri giorni. Infatti, secondo quanto recentemente affermato dalla storica britannica Margaret MacMillan: “la Globalizzazione non è affatto solo una caratteristica della nostra epoca. Quella precedente la Prima guerra mondiale fu anche più intensa e diffusa”. E fu proprio a seguito di questo rapido progresso che il primo conflitto mondiale iniziò con le logiche, le strategie, la forma mentis dei comandi e dei soldati da pieno Ottocento, ma rapidamente divenne un conflitto a pieno titolo parte del secondo Novecento. Si cominciò con le cavallerie e gli assalti alla baionetta come a Waterloo e Solferino e si terminò con i sommergibili, il coordinamento tra unità corazzate, aviazione e fanteria. E proprio l’aviazione vide la comparsa di una grande novità: l’impiego di un dirigibile Zeppelin per il primo bombardamento aereo della storia sul suolo europeo, compiuto dai tedeschi per colpire la città di Liegi durante la loro invasione del Belgio nell’agosto 1914. La prima guerra mondiale fu caratterizzato da un altro fondamentale elemento: le errate previsioni da parte dei responsabili politici e militari che erano indirizzate verso un tipo di conflitto esattamente contrario di quello che si è poi verificato. Infatti, rifacendosi alle esperienze del passato (guerre napoleoniche e risorgimentali) esso veniva ipotizzato come guerra essenzialmente di manovra e di movimento, fondato sull’offensiva ad oltranza. A tale concezione si contrappose, nel 1914, l’inopinato trinomio reticolato – mitragliatrice – trincea che incanalò inesorabilmente il conflitto verso una gigantesca battaglia di posizione e di logoramento statico. Iniziato più con le connotazioni delle guerre del secolo precedente, si concluse in un clima in cui le ideologie cominciavano a condizionare le masse e ad influenzare gli avvenimenti internazionali. In sostanza, non più come conflitto d’interesse ma piuttosto come conflitto di ideologie. Ed è alla luce di quest’ultimo concetto che si vengono a formare nella classe politica del nostro Paese due schieramenti opposti: quello neutralista e quello interventista.
Allo scoppio del conflitto l'Italia era legata alla Germania e all'Austria-Ungheria dalla Triplice Alleanza: un patto militare difensivo stipulato nel 1882 e via via rinnovato, che si contrapponeva al sistema di alleanze anglo-franco-russo della Triplice Intesa. Nonostante i legami diplomatici, molte rimanevano le differenze tra l'Italia e gli imperi centrali: mentre questi ultimi erano nazioni militarmente e politicamente influenti, avanzate dal punto di vista economico, l'Italia era uno stato sostanzialmente non ancora unificato, in gran parte povero e arretrato, che faticava a trovare l'anelato riconoscimento tra le principali potenze europee. Nei confronti dell'Austria-Ungheria vi era poi un contenzioso latente, relativo all'irredentismo di molti settori dell'opinione pubblica e anche di parte del Parlamento: espressioni che, spinte da un numero sempre maggiore di patrioti e interventisti, il governo faticava a controllare. Fu così che, quando l'Austria e la Germania dichiararono guerra alla Serbia innescando la prima guerra mondiale, l'Italia rimase al di fuori del conflitto basandosi sulla natura difensiva della Triplice Alleanza che non impegnava gli stati membri nel caso di una iniziativa aggressiva. Nei successivi mesi della neutralità italiana, stante il sostanziale equilibrio delle forze schierate in campo, divenne chiaro che l'Italia poteva giocare un ruolo importante se non decisivo sull'esito del conflitto e perciò il governo intavolò una serie di trattative con i partner della Triplice Alleanza, nonché segretamente con i membri dell'Intesa, per stabilire i compensi per l'intervento italiano nella guerra o per il mantenimento del suo stato di non belligeranza. Fu subito chiaro che l'Intesa poteva promettere all'Italia ben più di quello che volevano offrire gli Imperi Centrali, dato che gli incrementi territoriali ai quali l'Italia era interessata riguardavano soprattutto l'Austria-Ungheria, e che questo impero era restio a fare concessioni a proprie spese. In Italia erano inoltre forti i sentimenti irredentisti nei confronti dei territori del Trentino, di Trieste con l'Istria e di Zara con la Dalmazia, ancora sotto il controllo asburgico. A questi si aggiungevano diffusi sentimenti di simpatia per la Triplice intesa ed un patto segreto con la Francia, che di fatto invalidava gli accordi con gli Imperi centrali. I neutralisti, nel cui contesto erano forti le spinte contro l'entrata in guerra. Gran parte del governo, a partire da Giovanni Giolitti, ex presidente del Consiglio dei ministri, si era schierata sul fronte neutralista. Sulle linee giolittiane si erano posti in un primo tempo i socialisti (in nome dell’internazionalismo proletario); i cattolici, sotto l’influenza della posizione pacifista assunta dalla Santa Sede ed i liberali. Tra gli altri l'allora direttore dell'Avanti Benito Mussolini.
Gli interventisti, che rappresentava la posizione assunta da alcune correnti politiche e di pensiero favorevoli all'intervento nella guerra, il cui fronte era più ristretto ma aveva una linea di comunicazione più decisa, basata sul diffuso sentimento anti-austriaco e sull'idea che l'egemonia della Germania in Europa avrebbe frustrato le aspirazioni nazionali italiane. Ne facevano parte forze politiche di natura profondamente diversa: oltre ai nazionalisti, vi era una componente neo-risorgimentale e irredentista che aveva un riferimento in Cesare Battisti e vedeva la Grande Guerra come una quarta guerra di indipendenza, necessario punto di arrivo delle lotte di riscatto nazionale, e una componente più democratica, che invece pensava alla guerra come un'opportunità per consolidare l'unità nazionale. A questo schieramento composito si aggiunse in un secondo tempo il fronte degli interventisti democratici. Tra gli altri interventisti vi era anche Gabriele D'Annunzio, poeta appartenente alla corrente letteraria del Decadentismo.

Nel 1915 il fronte interventista aveva assunto posizioni molto meno marginali nel Paese: i vertici del governo, convinti allora che l'intervento militare avrebbe potuto riportare l'Italia allo slancio patriottico e all'unità nazionale, ma soprattutto che si sarebbero allentate così le tensioni sociali che avevano avuto uno sfogo nella settimana rossa, valutarono con consistenza la possibilità di schierarsi con l'Intesa. Dopo avere trattato sia con gli alleati della Triplice che con l'Intesa, il 26 aprile 1915 il governo Salandra si decise a firmare il Patto di Londra, che in cambio di un'entrata in guerra entro un mese accordava all'Italia in caso di vittoria il Trentino, il Tirolo fino al Brennero (Alto Adige), la Venezia Giulia, l'intera penisola istriana, con l'esclusione di Fiume, una parte della Dalmazia, numerose isole dell'Adriatico, l'arcipelago del Dodecaneso, la base di Valona in Albania e il bacino carbonifero di Adalia inTurchia. L'opposizione insorse, chiedendo le dimissioni del governo Salandra, ma fu di fatto sconfessata dalla casa regnante che affidò nuovamente l'incarico di governo allo stesso Salandra, approvando così il Patto di Londra e l'intervento militare. Al termine della guerra, essendo l'Italia risultata vittoriosa nel conflitto, alla conferenza di pace di Parigi richiese che venisse applicato alla lettera il patto di Londra, aumentando le richieste con la concessione anche della città di Fiume a motivo della prevalenza numerica dell'etnia italiana nel capoluogo quarnerino. Così non fu a causa del parere contrario del presidente Wilson, che non avendo sottoscritto il patto non si considerava ad esso obbligato. La Francia inoltre non vedeva di buon occhio una Dalmazia italiana poiché avrebbe consentito all'Italia di controllare i traffici provenienti dal Danubio. Il risultato fu che le potenze dell'Intesa alleate dell'Italia opposero un rifiuto e ritrattarono parte di quanto promesso nel 1915. L'Italia dal canto suo fu divisa sul da farsi, e Vittorio Emanuele Orlando abbandonò per protesta la conferenza di pace di Parigi. Le potenze vincitrici furono così libere di proseguire la conferenza di pace senza la presenza italiana. Il nuovo presidente del consiglio italiano Francesco Saverio Nitti ribadì nuovamente le richieste italiane, ma nel contempo iniziò delle trattative dirette col nuovo Regno dei Serbi, Croati e Sloveni, che sfociarono nel Trattato di Rapallo del 12 novembre 1920: della parte della Dalmazia promessa col patto di Londra, all'Italia andarono la città di Zara, l'isola di Làgosta e l'arcipelago di Pelagosa (più vicino alla penisola italiana che alla costa dalmata). Il resto della regione fu assegnata al Regno dei Serbi, Croati e Sloveni



martedì 21 ottobre 2014

Rimini: Mostra: Il Piave Mormorava



LA MOSTRA RIMARRA APERTA FINO AL 4 NOVEMBRE 2014
LE FONTI MATERICHE SONO ESTREMAMENTE CURATE. E' STAT RICOSTRUITA UNA TRINCECA CON LA CURA DI PARTICLARI COME SCUDI, OSSRVATORI ECC.
PRESENTI NUMEROSE UNIFORMI ORIGINALI DEI CARI CORPO E SPECIALITA' DELL'ESERCITO

lO SCHEMA DELLE MOSTRINE DELLE BRIGATE DI fANTERIA



lunedì 20 ottobre 2014

Medaglie d'Oro della I Guerra Mondiale delle Marche. Don Pacifico Arcangeli. 6 luglio 1918

Capitano Tenente ( Artiglieria , 40° reggimento artiglieria da campagna ) luogo di nascita: Treia (MC) Data del conferimento: 23- 10- 1921 R.D. alla memoria. Motivo del conferimento: Eroica figura di sacerdote e di soldato, durante cruento combattimento, ottenuto, dopo viva insistenza, di unirsi alla prima ondata d’assalto, slanciavasi, munito soltanto di bastone, alla testa dei più animosi, giungendo per primo sulla trincea nemica. Colpito mortalmente al ventre da scheggia di granata, incurante di sè, rimaneva in piedi, appoggiato ad un albero, ad incorare i soldati. Trasportato a viva forza al posto di medicazione, sebbene morente, consolava, con stoica virtù, gli altri feriti e spirava glorificando e benedicendo la fortuna delle nostre armi. Monte Grappa, 6 luglio 1918. Note: ---- Nato a Treia (Macerata) il 14.3.1888.
Monte Grappa
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Capitano Tenente ( Artiglieria , 40° reggimento artiglieria da campagna ) luogo di nascita: Treia (MC) Data del conferimento: 23- 10- 1921 R.D. alla memoria. Motivo del conferimento: Eroica figura di sacerdote e di soldato, durante cruento combattimento, ottenuto, dopo viva insistenza, di unirsi alla prima ondata d’assalto, slanciavasi, munito soltanto di bastone, alla testa dei più animosi, giungendo per primo sulla trincea nemica. Colpito mortalmente al ventre da scheggia di granata, incurante di sè, rimaneva in piedi, appoggiato ad un albero, ad incorare i soldati. Trasportato a viva forza al posto di medicazione, sebbene morente, consolava, con stoica virtù, gli altri feriti e spirava glorificando e benedicendo la fortuna delle nostre armi. Monte Grappa, 6 luglio 1918. Note: ---- Nato a Treia (Macerata) il 14.3.1888.

Monte Grappa

lunedì 29 settembre 2014

Sesto in Pusteria: Mostra sulla I Guerra Mondiale

L?estate del 2014 è stata particolarmente piovosa. La mostra era una attrattiva di molti



Truppe Territoriali del 1914 nel Tirolo









giovedì 25 settembre 2014

Uniformologia Coloniale

 
 
Il perido che va dal 1888 al 1943 rappresenta per l'Uniformologia relativa all'Esercito Italiano una varante: Le Uniformi coloniali, sopratutto per l'Eritrea e Somalia, prima Libia ed Eritrea dopo.
Note e commenti: ricerca23@libero.it
 
 

martedì 16 settembre 2014

I Guerra Mondiale Cappello Alpino


Cappello Alpino da ufficiale nel maggio 1915

Il cappello era identico a quello della truppa, ad eccezione della fascia alta e del bordino della falda del nastro, del fregio, dei distintivi di grado e della nappina in argento, con la croce savoia al centro e parti zigrinate. 
Con l'adozione da parte degli ufficiali della uniforme da combattimento, questi distintivi vennero aboliti e gli ufficiali degli alpini e dell'artiglieria da montagna portavano il cappello della rispettiva truppa
A riconoscere il rango rimasero i soli distintivi di grado di seta, poi in lana grigio-verde, sempre a V rovesciata sul lato sinistro del cappello


I Guerra Mondiale. Uniforme. Alpino


I guerra mondiale alpino del 1° reggimento (II battaglione" 11925)

Uniforme secondo le disposizioni vingenti nel 1915, con i pantaloni e il copricapo, però, comuni agli alpini ed alla artiglieria da montagna. L'Alpino porta l'alpenstock ( il classico bastone da montagna) e la vaghetta fissata sulla destra dello zaino. Le scarpe sono in cuoi naturale, che non erano dipinte di nero, ma solo ingrassate.

Fonte Andrea Viotti, L'uniforme grigioverse, SME, 1984

giovedì 4 settembre 2014

Buon rientro dalle vacanze

DOPO LA PAUSA ESTIVA RIPRENDERA' L'INSERIMENTO DEI POST SU QUESTO BLOG. A TUTTI I LETTORI UN AUGURIO DI UNA FELICE RIPRESA DELLE ATTIVITA'

martedì 1 luglio 2014

Volume: IL CORPO ITALIANO DI LIBERAZIONE E ANCONA



Il volume illustra il contributo che il Corpo Italiano di Liberazione ha dato alla liberazione delle Marche, in generale, e di Ancona in particolare, nella Battaglia per Ancona, svoltasi dal 1 al 20 luglio 1944.

 

Inquadrato nel II Corpo d’Armata Polacco, il Corpo Italiano di Liberazione svolse il ruolo di coprire il fianco sinistro dei Polacchi, che avanzano lungo la litoranea Adriatica; in questo ruolo liberarono Ascoli Piceno, Macerata, Tolentino.

Il Comandante Polacco Anders, occupata Osimo il 6 luglio, predispose un piano di attacco per la conquista di Ancona che schierava la 3a Divisione Carpatica a destra, con compiti di fissaggio ed inganno, la 5a Divisione Krescowa al centro, con compiti di attacco, rottura e sfondamento del fronte tedesco, mediante manovra di aggiramento, il Corpo Italiano di Liberazione, a sinistra, con compiti di protezione, sicurezza e copertura del fianco sinistro. L’obiettivo era conquistare Ancona e annientare la guarnigione tedesca. Questo piano, messo in atto dall’alba del 17 luglio, ebbe un successo parziale: Ancona fu conquistata il 18 luglio, ma la guarnigione tedesca, nonostante forti perdite, non fu annientata. Di questo parziale insuccesso, vari comandanti polacchi accusarono il Corpo Italiano di Liberazione, accusandolo di aver raggiunge i suoi obbiettivi con ritardo, scoprendo il fianco sinistro delle forze avanzanti polacche, che furono costrette a fermarsi, e quindi dare tempo a quelle tedesche di salvarsi. Accuse che si rivelarono infondate, ma che dimostrano, indirettamente, come il Corpo Italiano di Liberazione era parte integrante delle forze alleate che liberarono Ancona.

 

Per dimostrare questo, il volume presenta pagine di storia militare con un linguaggio, a volte, per specialisti, affrontando anche delicati argomenti come l’atteggiamento ostile Britannico verso gli Italiani, il ruolo politico delle forze italiane, l’apporto delle forze della Resistenza ai combattimenti ed altri. Il linguaggio diviene, però, presto amabile e divulgativo in quanto le operazioni militari sono anche ricostruite attraverso le testimonianze orali e documentali coeve a complemento della descrizione tecnico-tattica. Testimonianze di militari e di civili, da quella di Sergio Pivetta, a quella di Francesca Bonci, che descrive con il suo Diario il passaggio del fronte ad Osimo, a quelle di sfollati di Agugliano, Castel’Emilio, Cassero, Camerata Picena e Castelferretti, abitati sull’asse di avanzata dell’attacco polacco. Emerge in tutti, tra macerie morali e materiali, il desiderio di sopravvivere e, la speranza di vivere un futuro diverso e migliore.

 

Il volume descrive, quindi, il passaggio del fronte nell’anconetano, nome con cui si ricorda quei terribili gironi, quei giorni delle oche verdi, oche che erano dipinte dai contadini con il  verderame per mimetizzarle e evitare attacchi aerei alleati, e del lardo rosso, come i soldati tedeschi, sempre in cerca di cibo da rubare nelle loro razzie, chiamavano il prosciutto.  Un volume di ricostruzione storico-militare e testimonianze.

 

Massimo Coltrinari, generale, storico, è docente al Centro Alti Studi per la Difesa ed alla Università di Roma, La Sapienza. Ha ideato e diretto il Progetto “Storia in Laboratorio”, che ha dato origine a questa Collana, di cui è direttore. E’ Socio Onorario della “Pro Castelferretti”, Socio della Società Operaia di Castel d’Emilio, e del Centro Studi di Agugliano e Castel d’Emilio.   

venerdì 30 maggio 2014

1921: da una idea di Giulio Douhet


Il viaggio dell’Eroe

Lungo l’Italia seguendo il Milite Ignoto

 Di Giovanni Cecini

 
Ogni Nazione si alimenta attraverso una liturgia civile, mediante riti e cerimonie uniche e irripetibili. La guerra, come fenomeno collettivo di rigenerazione sociale e di rinascita patriottica, ha molto spesso rappresentato l’araba fenice per i popoli con l’obiettivo di riaffermare i propri valori e peculiarità. In epoca contemporanea, dopo il grande sconvolgimento politico operato dalla Rivoluzione francese, il concetto di conflitto nazionale ha aumentato a dismisura la sua potenza, tanto da alimentare sempre più emulazione e desiderio di partecipazione. In questa logica si spiegano le grandi adesioni nelle guerre dell’Ottocento, fino alle catastrofi planetarie della prima metà del Novecento, con strascichi ancora fino ai giorni nostri.

La Grande Guerra, per la sua collocazione quasi a cerniera di due epoche, con le sue grandi trasformazioni sociali, tecniche e ideali, ancora oggi rappresenta un avvenimento mitizzato da larga parte della memorialistica e da una grossa fetta della storiografia. Sarà stato per il canto lirico di numerosi poeti, che vi parteciparono, o per il fulgido volontarismo di una nuova generazione di giovani, che questo conflitto, molto più di altri precedenti o successivi, ha incarnato in ampi strati collettivi il senso autentico di Patria, Nazione e Popolo, nelle loro più ampie accezioni. Per fare solo un esempio: i socialisti di quasi tutti i Paesi europei, di massima contrari all’uso delle armi tra i popoli, in quella circostanza fecero causa comune con i destini dei propri Governi, identificando il nemico borghese nell’avversario nazionale, espediente classico per ogni crociata salvifica.

Anche l’Italia ha partecipato a questa grande “festa” patriottica, in cui contribuirono non solo alcuni retaggi socio-politici risorgimentali, ma anche uno strato culturale diffuso di intellettuali di ogni colore politico. Al termine del conflitto, giudicato dai contemporanei con ingenuo ottimismo l’ultimo da combattere, la pace vittoriosa – nonostante le ricorrenti polemiche sul rapporto tra i sacrifici sofferti e i ricavi ottenuti – doveva essere celebrata, proprio perché frutto di una partecipazione unanime di tutto il Paese.

E’ per questo motivo che, nel bel mezzo del cosiddetto “Biennio rosso” e delle gravi fratture socio-economiche dovute al conflitto, il desiderio da parte dello Stato di unificare tutto il popolo italiano ripercorse i passi del sentimento patriottico.

Fu di Giulio Douhet l’idea di istituire anche in Italia, a imitazione di altri Paesi, la figura del Milite Ignoto: un soldato sconosciuto e non identificabile che potesse per questo motivo ricordare e onorare tutto il valore e il coraggio offerto dalle Forze Armate nazionali. A seguito di questa proposta, nell’estate del 1921 il Governo predispose attraverso un’apposita commissione la scelta del corpo da onorare e tutto il relativo cerimoniale.

In pochi mesi si arrivò quindi alla solennità in cui, nella basilica di Aquileia il 26 ottobre, Maria Bergamas – madre di Antonio, un disertore austriaco triestino volontario italiano caduto in combattimento e mai ritrovato – scelse tra 11 bare identiche quella che sarebbe divenuta il simbolo assoluto del sacrificio in guerra. Una volta individuata, il Milite Ignoto iniziò il suo viaggio che lo avrebbe portato a Roma. Durante i quattro giorni, che occorsero al treno speciale per raggiungere la Capitale, ali di folla in ogni stazione e in ogni punto della ferrovia onorarono il feretro e così testimoniarono il proprio attaccamento a quello che per ognuno poteva essere un figlio, un fratello, un marito o un padre.

Arrivato alla Stazione Termini, dopo una nuova solenne cerimonia presso la basilica di Santa Maria degli Angeli all’Esedra, il corteo il 4 novembre continuò lungo le gremite strade della città, dove proseguì l’entusiasmo e l’attaccamento al primo caduto d’Italia. Il Sovrano e tutte le autorità civili e militari seguirono l’avvenimento, come comparse di uno spettacolo, in cui il protagonista solo formalmente rimaneva anonimo di fronte al solenne calore, che creava nei cuori degli italiani.

Una volta giunto a Piazza Venezia, presso il Vittoriano che fino ad allora tra mille polemiche era semplicemente la cornice per glorificare il Risorgimento e Vittorio Emanuele II, l’apice della liturgia civile trovava luogo. Il corpo del soldato, inserito nel cuore del monumento, sotto al bassorilievo della dea Roma, da quel momento diveniva il centro ideale e spirituale di ogni patriottismo passato, presente e futuro.

Esattamente a 90 anni di distanza, quando ancora l’Altare della Patria è  il palcoscenico unico e ineguagliato di cerimonie e manifestazioni nazionali, un nuovo convoglio ferroviario ha percorso lo stesso itinerario, rammentando a tutti gli italiani il senso di quell’indimenticabile esperienza. Moltissimi sono stati i partecipanti all’iniziativa, basata su una mostra fotografica e documentale itinerante, che ha ricordato i fatti dell’epoca. La conclusione non poteva che essere di nuovo a Roma, dove a partire dal Presidente della Repubblica e dal Ministro della Difesa, sono stati tanti i cittadini, che a costo di lunghe file, hanno voluto visitare i vagoni offerti dalle Ferrovie dello Stato per questa incredibile iniziativa.
Il nostro plauso va agli organizzatori e a tutti coloro che hanno partecipato

venerdì 23 maggio 2014

GUERRA DI LIBERAZIONE. UNIFORMI. QUESITI


INCONTRO TRA UFFICIALI ITALIANI E UFFICIALI BRITANNICI
L'UFFICIALE A DESTRA PORTA SULLA MANICA I GRADI DI GENERALE DI BRIGATA, ANCHE SE NON SI DISTINGUONO BENE
 AL BAVERO PORTA LE MOSTRINE REGGIMENTALI, A QUANTO PARE DI VEDERE, CHE NON SONO PRESCRITTE, CON LE RELATIVE STELLETTE
 I GENERALI NON PORTANO MOSTRINE
INOLTRA SOPRA I NASTRINI SEMBRA DI VEDERE LE AQUILE DI PILOTA DELLA RAF O DISTINTIVO NON FACILMENTE IDENTIFICABILE
 PORTANDO IL BATTLE DRESS VUOL DIRE CHE SIAMO NELL'AUTUNNO -INVERNO 1944-1945, QUANDO FURONO COSTITUITI I GRUPPI DI COMBATTIMENTO


UNIFORME ESTIVA 
DA INDICAZIONI SEMBRANO ESSERE SOLDATI DEL I RAGGRUPPAMENTO MOTORIZZATO O DELLE DIVISIONI AUSILIARIE


CHI HA NOTIZIE ULTERIORI O SUGGERIMENTI O CORREZIONE DI ERRORI è PREGATO DI FARE UN COMMENTO O DI SCRIVERE
 A 
ricerca23@libero.it



giovedì 22 maggio 2014

Guerra di LIberazione. Bandiera del Battaglione Piemonte. Corpo Italiano di Liberazione 1944

Bandiera del Battaglione Alpini Piemonte 3° Reggimento Alpini del  Corpo Italiano di liberazione.
 Il Battaglione Piemonte ha partecipato alla occupazione di Santa Maria Nuova e Jesi - 19-20 luglio 1944
come unità di sinistra dello schieramento polacco per la conquista di Ancona.
 Da Sinistra Ten. Col. Sergio Pivetta, all'epoca Sergente Allievo Ufficiale,,soldato scorta alla Bandiera, Alfiere, soldato scorta alla Bandiera, Gen. C. A. Gino Morena, Medaglia d'Argento al Valor Militare, all'epoca Tenente comandante sezione mortai da 81mm del battaglione.
 Entrambi gli ufficiali, viventi, sono testimoni degli avvenimenti del passaggio del fronte nelle Marche nel 1944.

sabato 17 maggio 2014

I MIIlitari e la guerra partigiana.



PER RISPONDERE AI NUMEROSI STUDENTI CHE HANNO POSTO DOMANTE IN MERITO AL RAPPORTO TRA LA RESISTENZA E IL REGNO DEL SUD
IN PARTICOLARE CON LE FORZE REGOLARI
SI INDICA IL VOLUME DI NICOLA DELLA VOLPE CHE ANALIZZA IN MODO ESAUSTIVO QUESTO RAPPORTO

IL VOLUME, EDITO NELLA COLLANA STORIA IN LABORATORIO
(www.storiainlaboratorio.blogspot.com)
è possibile acquIstarlo in tutte le librerie oppure presso la Societa Editrice Nuova Cultura (www.nuovacultura.it) con la e mail ordini@nuovacultira.it
oppure scrivendo a
 ricerca23@libero.it

martedì 13 maggio 2014

I Guerra Mondiale. Volume di Mario Pietrangeli

Riceviamo e volentieri pubblichiamo la lettera dell' Emico e collegha Mario Pietrangeli:

In Allegato, troverete il mio libro “ LE FERROVIE MILITARIZZATE I TRENI ARMATI  I TRENI OSPEDALE NELLA PRIMA E SECONDA GUERRA MONDIALE  1915-1945 “ terminato nel 2011. 
Al riguardo, chiedo alle SSLL  proposte ed indicazioni per la sua stampa gratuita  (il libro sarà distribuito gratuitamente analogamente alle altre mie opere).
Come noto,  il 26 aprile 2014 è stata inaugurata nella mia Caserma la Mostra organizzata insieme alla Sezione ANA Como (Presidente Enrico Gaffuri) sul Centenario della Caserma e sul Centenario della Prima Guerra Mondiale. 
Sarebbe molto interessante presentare tale opera nell’ambito di tale Mostra che si preannuncia interessante e di elevatissimo livello storico. e artistico
Rimango in attesa dei vostri consigli e del vostro aiuto.
Grazie
Colonnello t. SG  Mario Pietrangeli
Comandante CEDOC Caserma DE Cristoforis COMO
031 265189

domenica 4 maggio 2014

I Guerra Mondiale: la propaganda



Una articlazione di come si è sviluppata la propaganda sia verso il fronte interno che verso il nemico nella Prima Guerra Mondiale è un tema estremamente interessante da sviluppare


venerdì 4 aprile 2014

Commissario di Guerra: la nascita. Editto del 30 aprile 1351


Pagina del Regolamento delle Genti di Guerra in cui viene per la prima volta regolamentato il lavoro dei Commissari di Guerra


venerdì 28 marzo 2014

I Guerra Mondiale. Uniforme. Fanteria, Soldato

Fanteria. Caporale della Brigata Cremona (21° e 22° Reggimento. Maggio 1915.
Il soldato è in completo assetto di marcia con l'uniforme  grigio-verde 1909 comune a tutte le armi a piedi ed equipaggiamento 1907, modificato 1909, completo di telo tenda e bastoni tenda. Stivaletti di cuoio nero.
Sulla destra il fregio del 22° reggimento ricamato in lana nera
Fonte: A. Viotti. L'Uniforme grigioverde, Roma, SME 1984

In vista della data centenaria della I Guerra Mondiale, si stanno approntando studi e ricerche sulla uniforme e sulle uniformi dell'Esercito Italiano. Saranno gradite da parte dei lettori di questo blog osservazioni e commenti, oltre che note a commento ed eventuali sottolineature ad errori o omissioni.
La fonte primaria sarà l'Ufficio Storico dell'Esercito Italiano con il suo catalogo di pubblicazioni relative, a cui si rimanda fin da adesso per approfondimenti e studi

giovedì 13 marzo 2014

Seconda Guerra Mondiale Uniformi 1939-1945


N. 473. Germania. Waffen SS Tenente, 1943
N. 474. Ungheria. Reggimento di Ussari, Ussaro, 1940
N. 475. Romania. Fanteria, Soldato 1940
N. 476. Finlandia. Fanteria, Soldato, 1940


martedì 4 marzo 2014

II Guerra Mondiale Uniformi 1944. Croazia, Slovacchia, Repubblica Sociale Italiana, Germania

 
 
 
477. Croazia: Fanteria bosniaca, Caporale, 1943
478. Slovacchia: Fanteria, Soldato 1942
479: Repubblica Sociale Italiana. Reparto Paracadutisti, Paracadutista della Guardia Nazionale repubblicana 1944
480. Germania: Divisione dei Cosacchi del Don, Sottufficiale, 1944