Obiettivo della Civica Galleria: La Scuola

Il Blog ha assunto nel tempo due funzioni. La prima è quella di essere espressione del Figurino Storico.
In un mondo globalizzato, lo studio della storia è sempre più indipendente pr capire le origini delle civiltà e questo è il nostro obiettivo primario
Con la denominazione "Civica Galleria del Figurino Storico" si vuole appunto sottolineare la creazione di un vero centro museale, l'unico nelle marche, sulla base di un progetto condiviso tra l'Assessorato alla Cultura del Museo di Osimo, la Società Parko spa che gestisce il trasporto pubblico locale e l'associazione Tavola Rotonda, impostato sullo stile dei grandi musei come lo Stibbert di Firenze e quello di Calenzano dove il figurino storico viene utilizzato come strumento didattico e invito allo studio della storia.
Gli obiettivi della Civica Raccolta osimana sono i medesimi, ma una attenzione particolare è rivolta alle scuole, sopratutto elementari e medie, dove lo studio dei questa materia da parte dei bambini avviene spesso in modo mnemonico; ebbene l'utilizzo del figurino storico vuole essere uno strumento didattico integrativo del libro di scuola ed il nostro locale diventare una sorta di aula didattica dove i bambini si possono appassionare a questa disciplina

La Seconda è quella di divenire lo spazio esterno del CESVAM - Centro Studi sul valore Militare dell'Istituto del Nastro Azzurro come spazio per approfondire, oltre che i temi della Uniformologia, anche quelli concernenti le scienze ausiliari della Storia, quali, oltre la Uniformologia, anche la Vessillologia, ovvero lo studio delle Bandiere, l'Araldica, i Mezzi e gli equipaggiamenti, ed il Collezionismo militare in genere ( cartoline, ecc.)

mercoledì 27 dicembre 2017

Von Bernhardi. Pensatore militare tedesco

Dottrina e lineamenti di impiego. Germania 1914
Nota*


Ritratto di Friedrich von Bernhardi (1849-1930)

In Germania si crearono nel primo anteguerra due filoni di pensiero per il tipo di guerra decisamente offensiva: il primo faceva capo al generale von Bernhardi, minoritario, il secondo al gen. Schlieffen, capo di Stato Maggiore dal 1891 al 1906, che fu poi il filone che si impose.

Vom Berngardi aveva in comune con lo Schlieffen il concetto che la vittoria si sarebbe ottenuta con la guerra di movimento, e quindi con l’offensiva, che doveva essere rapida ed energica. Lo differenziava dallo Schlieffen il dato che riteneva che la manovra tipo “Canne” non era sempre possibile attuarla. Riteneva che l’azione del difensore nel 1914 era più facile rispetto al passato, riteneva che il difensore stesso si avvantaggiava della scelta del terreno, mentre l’attaccante trae vantaggi.[1]o dalla iniziativa delle operazioni e dalla potenza morale che è insita nell’attacco stesso. Per lui era necessario sorprendere l’avversario, di avere la superiorità dei numeri, ma soprattutto di esaminare la situazione in base al momento e non secondo uno schema prestabilito. Cardine del suo pensiero era che l’offensiva non doveva essere considerata una forma definita a priori, ma occorreva che si adattasse alla reale situazione, potendo assumere tanto la forma di coinvolgimento e distruzione di una o di tutte e due ali quanto quella di attacco centrale sfondante.  Adattarsi alla realtà, senza schemi preordinati, in sintesi il pensiero di questo generale tedesco che espose le sue teorie in volumi molto noti a suo tempo in Germania.    

massimo.coltrinari
(centrostudicesvam@istitutonastroazzurro,org


Nota
Questo post fa parte dei materiali di utilizzazione per il
Dizionario minimo della Grande Guerra
info:
(direttore.cesvam@istitutonastroazzurro.org)

venerdì 22 dicembre 2017

Fasce Mollettiere e Scarpe Prima Guerra Mondiale 1916-1917

Fin dall'inizio del conflitto ci si rese conto di due cose: primo che le scarpe da riposo erano del tutto inutili in periodo di guerra, secondo che lo stivaletto delle armi a piedi non offriva sufficiente resistenza sulle zone montuose. Fu ordinato allora di ritirare le scarpe da riposo, operazione che iniziò nell'ottobre del 1915, sostituendole con un secondo paio di scarpe più adatte al tipo di terreno, gli stivaletti per truppe da montagna mod. 1912.
Rimanenva però il problema del primo paio di calzature, che non andavano. Nello stesso tempo si era visto che l'eccesso di modelli di calzature (ben tre: uno per armi a piedi, uno per truppe da montagna ed uno per armi a cavallo e bersaglieri ciclisti) aveva creato, nei primi mesi di guerra, seri problemi ai rifornimenti, costringendo, e non sempre era possibile, ogni magazzino ad avere sufficienti quantità di ogni tipo a rischio, com'era accaduto, di esaurire nel giro di brevissimo tempo le scorte di un modello e di avere invece eccessive giacenze di altri tipi, che sarebbero stati magari ultimissimi a qualche altro magazzino situato a pochi chilometri di distanza.
Nel gennaio 1916 il tenente colonnello medico Pace proponeva per ragioni sanitarie di sostituire lo stivaletto delle armi a piedi con quello delle truppe da montagna.
Il parere dell'ufficiale e la considerazione che un solo modello di scarpe avrebbe consentito una maggiore facilità di rifornire le truppe, portò all'adozione per tutti del mod. 912 per truppe da montagna. A differenziare le calzature rimase la sola bullonatura della suola, precedentemente in uso: "forte chiodatura" per truppe da montagna, "ali di mosca e diamante" per le armi a piedi, "bullette a testa circolare con gambo a freccia" per le armi a cavallo e per i bersaglieri ciclisti.
La nuova calzatura poneva però un grosso problema.
Lo stivaletto per truppe da montagna mod. 12 non aveva il gambale alto come quello delle armi a piedi, per cui il pantalone non era sufficientemente contenuto al fondo delle gambe. Vennero così introdotte anche per le armi a piedi le fasce mollettiere.
La prima grossa fornitura di fasce mollettiere si ebbe il 14 novembre del 1916, quando vennero distribuite le prime 100.000 paia.
L'adozione delle fasce suscitò una grossa diatriba e forse mai capo d'abbigliamento fu così al centro di polemiche, che produssero una marea di carta e una sequela di giudizi contraddittori anche a guerra finita.

Ogni anno, alla fine della campagna invernale, l'Intendenza Generale richiedeva alle varie Intendenze d'Armata delle relazioni sui vari capi usati nel corso dell'inverno; in esse ritroviamo puntualmente, ogni anno, la diatriba sulle fasce. Così scopriamo che la 1° e 2° Armata espressero giudizi sfavorevoli sulle fasce mollettiere, a loro avviso inadatte a riparare sufficientemente le gambe del soldato dai rigori invernali; inoltre una volta inzuppate, nell'asciugarsi si ritiravano stringendo il polpaccio ed ostacolando la circolazione del sangue. D'altronde, se venivano allentate secondo le indicazioni per ovviare all'inconveniente, tendevano a scivolare. La 4° Armata e la Zona Carnia ne erano invece entusiaste; trovavano che le fasce erano resistenti agli urti ed alle sfregature e soprattutto facili da asciugare quando si bagnavano. La 3° Armata invece propose, nella sua "relazione sugli indumenti e materiali invernali della campagna invernale 1916-17", la convivenza delle fasce mollettiere con i calzettoni di lana.


centrostudicesvam@istitutonastroazzurro.org