Obiettivo della Civica Galleria: La Scuola

Il Blog ha assunto nel tempo due funzioni. La prima è quella di essere espressione del Figurino Storico.
In un mondo globalizzato, lo studio della storia è sempre più indipendente pr capire le origini delle civiltà e questo è il nostro obiettivo primario
Con la denominazione "Civica Galleria del Figurino Storico" si vuole appunto sottolineare la creazione di un vero centro museale, l'unico nelle marche, sulla base di un progetto condiviso tra l'Assessorato alla Cultura del Museo di Osimo, la Società Parko spa che gestisce il trasporto pubblico locale e l'associazione Tavola Rotonda, impostato sullo stile dei grandi musei come lo Stibbert di Firenze e quello di Calenzano dove il figurino storico viene utilizzato come strumento didattico e invito allo studio della storia.
Gli obiettivi della Civica Raccolta osimana sono i medesimi, ma una attenzione particolare è rivolta alle scuole, sopratutto elementari e medie, dove lo studio dei questa materia da parte dei bambini avviene spesso in modo mnemonico; ebbene l'utilizzo del figurino storico vuole essere uno strumento didattico integrativo del libro di scuola ed il nostro locale diventare una sorta di aula didattica dove i bambini si possono appassionare a questa disciplina

La Seconda è quella di divenire lo spazio esterno del CESVAM - Centro Studi sul valore Militare dell'Istituto del Nastro Azzurro come spazio per approfondire, oltre che i temi della Uniformologia, anche quelli concernenti le scienze ausiliari della Storia, quali, oltre la Uniformologia, anche la Vessillologia, ovvero lo studio delle Bandiere, l'Araldica, i Mezzi e gli equipaggiamenti, ed il Collezionismo militare in genere ( cartoline, ecc.)

sabato 19 novembre 2016

.Convegno sui soldati pistoiesi e toscani nella Resistenza in Albania e Montenegro 1943-45


Pistoia - Sala Maggiore del Palazzo comunale - 17 ottobre 2015

Ringrazio gli organizzatori del convegno per avermi dato la possibilità di portare il saluto dell’Associazione Nazionale Veterani e Reduci Garibaldini e della sua presidente, la prof.ssa Annita Garibaldi Jallet, che ha sollecitato la partecipazione di una rappresentanza della sezione di Firenze  a questa iniziativa ritenuta molto significativa per far conoscere la vicenda della Divisione “Garibaldi” nel quadro della Resistenza dei militari italiani all’estero.
Dopo la giornata di studio dedicata, lo scorso anno, alla “scelta” all’8 settembre ’43, quella di quest’anno si concentra sugli eventi dell’inverno ‘43-44, il più duro che si ricordi dal punto di vista climatico e il più terribile per i combattimenti, il freddo, le sofferenze, le malattie patite dai nostri militari divenuti partigiani.

La nostra Associazione - le cui radici affondano nella Società di mutuo soccorso tra garibaldini del 1871 - e che con alterne vicende ha accompagnato la storia italiana sino alla rinascita del sodalizio nel 1944 su basi democratiche e antifasciste, ha accolto, dopo la fine della guerra, i reduci delle divisioni “Garibaldi” e “Italia” perché ritenuti dall’allora Ministero della Guerra i più autentici continuatori della tradizione garibaldina risorgimentale per aver combattuto volontariamente, per libera scelta, a fianco dell’Esercito popolare liberatore jugoslavo di Tito, ma senza alcuna ideologia di partito. La “Garibaldi” in particolare, formata dalla fusione della “Venezia” e di reparti della “Taurinense” ebbe la caratteristica veramente originale di essere parte dell’Esercito italiano e nello stesso tempo partigiana come modo di operare, non per pochi giorni o settimane ma per ben diciotto mesi, conservando le stellette e i gradi militari.

Di tutte le divisioni – ben tredici – dislocate nei Balcani che rivolsero le armi contro i tedeschi, la “Garibaldi” fu l’unica che rientrò in Italia vittoriosa ed in armi, decimata (8.500 le perdite su 20.000 effettivi all’8 settembre ‘43) ma ancora efficiente, la sola che non si era mai arresa.
Il coraggio di soldati e ufficiali caratterizzò la vicenda della “Garibaldi” il cui nome, imposto dai partigiani titini, ben si sposava con il carattere delle campagne garibaldine per la libertà dei popoli oppressi dell’Ottocento e del primo Novecento, in Italia e all’estero. Questo nome non piacque agli apparati militari italiani. C’era ostilità, diffidenza, fastidio per questi militari divenuti partigiani ed una delle conseguenze è stato il ritardo negli studi. Vi ha riparato la “Commissione sulla Resistenza dei militari italiani all’estero dopo l’8 settembre 1943” voluta dall’allora ministro liberale Valerio Zanone che ha prodotto, dopo accurate ricerche e indagini, numerosi volumi editi dalla Rivista Militare, due dei quali trattano della toscana “Venezia” e della piemontese “Taurinense” poi “Garibaldi”. Ora si conta un certo numero di libri, per cui la “Garibaldi” non è del tutto ignorata, ma è rimasta un po’ nell’ombra, mentre la sola divisione “Acqui” assurgeva a simbolo della Resistenza dei militari italiani all’estero.

Ben venga dunque questa occasione di approfondimento. Un grazie di cuore al gen. Massimo Coltrinari, allo storico Eric Gobetti, al Sindaco Samuele Bertinelli e alla prof.ssa Lia Tosi, ispiratrice di questa rassegna di incontri.
Da parte della nostra Associazione vi è un impegno forte alla conservazione della memoria della “Garibaldi” attraverso l’ordinamento delle carte d’archivio di cui dispone nella sede centrale romana di Porta S. Pancrazio (ricordo che quello, importantissimo, posseduto dal gen. Ravnich è finito in una fondazione svizzera di Casa Savoia e divenuto inaccessibile) e soprattutto attraverso il Museo di Asti, inaugurato lo scorso 2 giugno e destinato a raccogliere cimeli e documenti ed a far conoscere la storia della Divisione “Garibaldi”.
La nostra opera di divulgazione si realizza anche attraverso la rivista Camicia Rossa che pubblica memorie e racconti di guerra ed è allo stesso tempo notiziario associativo dell’ANVRG. La sua storia, a partire dalla pubblicazione del primo numero, nel lontano 1892, corre parallela a quella delle associazioni di reduci garibaldini o delle “patrie battaglie”  di cui è stata nel tempo espressione quale organo ufficiale di stampa. Vi si trovano, pertanto, insieme a saggi di carattere storico, dal Risorgimento alla Resistenza, ed a memorie e racconti di guerra, i resoconti associativi, le cronache di iniziative e manifestazioni.
Nel secondo fascicolo del 1992 di Camicia Rossa – distribuito in sala per questa occasione  -  numerose pagine e foto furono riservate alla inaugurazione del cippo dedicato alla “Garibaldi” a Pistoia, nell’area verde delle Fornaci, avvenuta nel 1992 grazie all’allora sindaco Marcello Bucci. La manifestazione vide la presenza di molte camicie rosse ed una mostra documentaria sulla Resistenza dei militari toscani all’estero. Perché Pistoia fu sede dell’83° Reggimento fanteria della divisione “Venezia” e perché oltre 200 pistoiesi, tra città e provincia, fecero parte della divisione “Garibaldi”. Tra questi non possiamo dimenticare il ten. veterinario Villy Pasquali Medaglia d’oro al VM eroicamente morto in combattimento nel novembre ’43 in Montenegro. Uno degli uomini che col sacrificio della vita contribuì alla liberazione dell’Europa dal nazi-fascismo.

Sergio Goretti, direttore di Camicia Rossa

sabato 18 giugno 2016

Rievocazione Armistio di Villafranca 1859 Gruppo Storico Aries Rimini


Il gruppo Storico della Associazione ARIES di Rimini

Napoleone III è impersonificato dal presidente della ARIES
Avv. Rossi




lunedì 13 giugno 2016

Ancona. ARchivio di Stato. Nota su Corrado Milòesi ferretti

L'archivio della famiglia Milesi Ferretti: il Capitano Corrado, eroe della Grande Guerra

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L’archivio privato dell’antica e nobile famiglia Milesi Ferretti de Foras, concernente il ramo stabilitosi ad Ancona nel secolo XVIII dove unì al cognome originario quello dei Ferretti, fu acquistato nel 1978 dall’allora Ministero dei Beni Culturali e Ambientali per l’Archivio di Stato di Ancona, istituto che lo conserva permettendone la consultazione e lo studio. Il fondo documentario non ha una struttura organica e unitaria: infatti rappresenta solo una porzione dell’intero complesso, tanto che una rilevante parte di esso è ancora di proprietà del conte Giovambattista Milesi Ferretti.
Il fondo acquisito dall’Archivio di Stato, sommariamente elencato in attesa di una analitica inventariazione, consta di 24 buste di atti sciolti e di circa 100 tra registri, quaderni, riviste, agende e altro ancora.
La documentazione, cronologicamente relativa ad un periodo che va dall’ultimo trentennio del secolo XIX sino alla prima metà del XX, è principalmente costituita dalla corrispondenza strettamente privata di Laura Nasalli Rocca (1857-1942), moglie del conte Antonio Milesi Ferretti (1857-1935) e di Maria Filippetti, vedova del loro figlio Corrado (1881-1915) caduto in battaglia nei primi mesi della Grande Guerra.
Oltre al carteggio (lettere, telegrammi, note e conti, contratti matrimoniali, articoli di giornale, etc.) sono presenti registri di amministrazione del patrimonio familiare e di contabilità domestica, quaderni di appunti, diari di viaggio e memorie diverse. In tale porzione dell’archivio Milesi Ferretti, inoltre, sono confluite per varie ragioni scritture di altri nuclei familiari: gli Ulissi-Baldini di Sant’Arcangelo di Romagna (proprietari del castello di Falconara Alta sino al 1964), i Nasalli Rocca di Piacenza e l’antica famiglia savoiarda dei de Foras.
Tra questa congerie di documentazioni, riguardo al primo grande conflitto sono di rilevante interesse quelle concernenti il conte Corrado Milesi Ferretti, nato nel 1881 ad Ancona e caduto sul campo dell’onore nel giugno 1915 a Son Pauses, fronte dolomitico non lontano da Cortina, durante l’assalto ad un forte austriaco.
Questo personaggio, ufficiale di carriera (e nipote del generale Saverio Nasalli Rocca comandante della sua divisione nel 1915) che aveva preso parte alla guerra italo-turca meritandosi la decorazione di una medaglia di bronzo, nel 1914 venne promosso capitano e nel maggio dell’anno successivo - dopo l’entrata in guerra dell’Italia - fu tra i primi a passare la frontiera in Cadore con il 23° Reggimento Fanteria.
Corrado cadde il 15 giugno 1915, giorno del suo trentaquattresimo compleanno, guidando la sua Compagnia all’assalto di postazioni nemiche e per questo gli fu concessa la medaglia d’argento al valor militare.

Nell’archivio di famiglia conservato ad Ancona sono presenti varie testimonianze, ancora in gran parte da analizzare e studiare, concernenti la vita militare e la morte in combattimento del conte Corrado Milesi Ferretti: lettere, taccuini e diari, fotografie, cartoline, resoconti, stralci di giornali, riviste e articoli diversi editi in occasione delle celebrazioni in memoria del caduto.
Di questo materiale si offre al pubblico una piccola parte esemplificativa, corredata dalla trascrizione di alcuni brani tra i quali uno estrapolato dal diario della madre dell’eroe. Un testo che, ripercorrendo la vita di Corrado dalla nascita sino alla morte, fu scritto per i nipoti nel settembre del 1917 così da tenere sempre vivi il ricordo e le gesta del loro padre caduto agli inizi di una guerra che ancora continuava, con incerta sorte.
Il brano, che rappresenta le pagine conclusive del diario di Laura Nasalli Rocca, appare ai nostri occhi e al sentire odierno intriso di accenti talvolta fortemente retorici che sembrano non lasciare spazio al dolore materno.
RivistaEroica
Frontespizio della Rivista Eroica, mensile edito a Roma per commemorare gli Ufficiali Italiani caduti nella Grande Guerra.
La lettura di simili memorie, tuttavia, deve tenere conto dell’epoca in questione, del rango aristocratico della famiglia Milesi Ferretti e dei valori da questa condivisi: patriottismo (tanto da considerare il conflitto mondiale come l’ultima guerra d’indipendenza), piena fedeltà alla monarchia (il sovrano è visto come primo soldato d’Italia, esposto come gli altri ai pericoli dei combattimenti), solidissima fede cattolica (l’eroe viene spesso descritto come un santo, consapevole del proprio sacrificio). La voce narrante è quella di una nobildonna che aveva per fratello un generale di divisione, per figlio un capitano uscito dall’Accademia militare di Modena e che quindi mostra aperto disprezzo verso i pochi disfattisti e i loro “disonorevoli” ideali. Ad essi contrappone le maschie virtù militari, la gloria, l’eroismo di chi combatteva e moriva per l’Italia.
Una lettura che dunque va interpretata e considerata, anche da un punto di vista sociologico, quale voce di una classe sociale elitaria, priva di qualsivoglia accento critico contro la guerra e l’inutile strage. Una classe dominante che appare lontana dalla reale portata della tragedia bellica e che, come nella nostra vicenda, persino in occasione della perdita di un figlio non sembra mostrare incertezze e per questo non concede parole al dolore.
La vittoria attesa arriverà e con essa ritorneranno i sopravvissuti.
Chiara testimonianza di un simile patriottismo è riscontrabile nella perentoria esortazione che la nonna rivolge ai nipotini, orfani di guerra: «...in quella del Re, come in quella dell’ultimo fantaccino d’Italia, venererete la divisa che portò vostro padre».