Obiettivo della Civica Galleria: La Scuola

Il Blog ha assunto nel tempo due funzioni. La prima è quella di essere espressione del Figurino Storico.
In un mondo globalizzato, lo studio della storia è sempre più indipendente pr capire le origini delle civiltà e questo è il nostro obiettivo primario
Con la denominazione "Civica Galleria del Figurino Storico" si vuole appunto sottolineare la creazione di un vero centro museale, l'unico nelle marche, sulla base di un progetto condiviso tra l'Assessorato alla Cultura del Museo di Osimo, la Società Parko spa che gestisce il trasporto pubblico locale e l'associazione Tavola Rotonda, impostato sullo stile dei grandi musei come lo Stibbert di Firenze e quello di Calenzano dove il figurino storico viene utilizzato come strumento didattico e invito allo studio della storia.
Gli obiettivi della Civica Raccolta osimana sono i medesimi, ma una attenzione particolare è rivolta alle scuole, sopratutto elementari e medie, dove lo studio dei questa materia da parte dei bambini avviene spesso in modo mnemonico; ebbene l'utilizzo del figurino storico vuole essere uno strumento didattico integrativo del libro di scuola ed il nostro locale diventare una sorta di aula didattica dove i bambini si possono appassionare a questa disciplina

La Seconda è quella di divenire lo spazio esterno del CESVAM - Centro Studi sul valore Militare dell'Istituto del Nastro Azzurro come spazio per approfondire, oltre che i temi della Uniformologia, anche quelli concernenti le scienze ausiliari della Storia, quali, oltre la Uniformologia, anche la Vessillologia, ovvero lo studio delle Bandiere, l'Araldica, i Mezzi e gli equipaggiamenti, ed il Collezionismo militare in genere ( cartoline, ecc.)

sabato 24 febbraio 2018

L'Esercito Italiano nel 1914. Pregi e Difetti


Massimo Coltrinari - Giancarlo Ramaccia*


Molto si è dibattuto sulla consistenza dell’Esercito italiano nel 1914. E versioni sono contrastanti, ma tutto deve essere rapportato al rapporto tra decisione strategica, piani e mezzi a disposizione. A seconda di come si guarda questo aspetto si può dire che l’Esercito itali
ano nel 1914 era pronto per affrontare una guerra mondiale, al pari degli altri Eserciti europei, oppure, destabilizzato dalla guerra di Libia, era carente di questo e quello. “[1]

Nel 1914 l’Italia aveva sotto le armi le due classi del 1892 e del 1893, le più numerose che essa avesse chiamato in complesso 235 mila uomini, oltre 41 mila tra raffermati  e carabinieri. L’11 luglio 1914 per esigenze di pubblica sicurezza, (siamo in piena settimana rossa, la rivolta che scoppiò nella Merche e nelle Romagne per ragioni politico-sociali) vennero richiamati 71 mila uomini della classe 1891, da poco congedati. In totale 352 mila uomini di truppa perfettamente addestrati, 50 mila dei quali in Libia. Vi erano poi sotto le armi 33 mila uomini della 2a categoria della classe 1893. Se si confrontano le cifre, mai l’Esercito italiano era stato così forte in tempo di pace.

Lo scollamento tra vertice politico e vertice militare si rileva anche dalla scarsa conoscenza del Primo Ministro Salandra della consistenza numerica dell’esercito, tanto che ebbe a dichiarare il 2 agosto 1914, sulle informazioni del Ministro della Guerra, “L’Italia era pressoché disarmata”.

I 350 mila soldati sotto le armi, addestrati, si dovevano confrontare con i 400 mila soldati di cui l’Austria-Ungheria disponeva alla stessa epoca. Quindi appare quanto mai fuori luogo l’asserzione del Primo Ministro Italiano. Il 2 agosto 1914 furono richiamate a tre classi, due istruite ed una di reclute che fece salire la forza dell’esercito a 628 mila uomini.
Di fronte ai nostri 1200 colpi per pezzo, che erano pari alle dotazioni dell’esercito sia Francese che Tedesco, l’Austria-Ungheria non né aveva che la metà, cioè 492 per i cannoni da campagna e 258 per quelli da montagna. In termini di vestiario l’Austria mobilitava inizialmente unità di Landstrurm senza poter dare uniformi, ma munirle solo di bracciale. In pratica i problemi vi erano dall’una e dall’altra parte.”

La realtà del 1914 in ogni caso e dura. Lo sforzo organizzativo, sebbene enorme, non consentì di mettere a punto uno strumento militare tra impiegare in operazioni belliche in grado di sviluppare, secondo i canoni ella dottrina ufficiale e secondo il disegno di manovra del generale Luigi Cadorna una azione offensiva di successo per la conquista di un qualche obiettivo strategico che non fosse quello minimo di immobilizzare una aliquota delle forze austro-ungariche.

Considerate come delta negativo aggiunto le sfavorevoli condizioni strategiche del fronte orientale e della relativa frontiera, i principali elementi di debolezza del Regio esercito erano l’insufficienza numerica e qualitativa del materiale di artiglieria ed il men che mediocre grado di addestramento di molti quadri e di moltissimi soldati. Circa l’insufficienza dell’addestramento sarebbero necessarie molte pagine per elencarne i motivi e sottolineare come i richiami delle classi già addestrate furono, iniziati nel 1909, un fallimento dietro l’altro stante l’aperiodicità e la breve durata.
Dal 1911 la forza alle armi si mantenne al di sopra di quella bilanciata perché da quell’anno e nei successivi vennero incorporati tutti gli idonei della prima categoria anche se eccedenti il limite di bilancio, ma ciò non fu sufficiente a portare l’esercito dal piede di pace a quello di guerra utilizzando il personale delle classi dal 1881 in poi, per cui si dovette ricorrere al richiamo ed alla mobilitazione di molto personale delle classi precedenti poco o nulla addestrate, che non conosceva o aveva dimenticato i procedimenti di combattimento e che non aveva alcuna familiarità con i nuovi mezzi. L’addestramento carente o inesistente fu una gravissima deficienza dell’Esercito italiano nel 1914 


Un’altra grossa deficienza fu il problema dell’artiglieria. Vi era cronica l’assenza di cannoni nei reggimenti pesanti campali e l’alto grado di vetustà  di parte del materiale di artiglieria campale e del parco d’assedio, si rilevava un forte disequilibrio fra l’arma di artiglieria e le altre armi come la fanteria e la cavalleria, nonostante i provvedimenti presi prima dal gen. Pollio e poi dal gen. Cadorna.

La divisione di fanteria italiana aveva in organico 32 pezzi da 75/911:[2] Il Corpo d’Armata italiano aveva in organico lo stesso materiale e l’eguale numero dei pezzi della divisione francese vale a dire 12 cannoni da 75, quello francese aveva in organico 36  cannoni  e 16 obici da 120 o 155, il corpo d’armata tedesco disponeva di 16 obici pesanti campali e quello austro-ungarico di 8 obici pesanti campali.

Un corpo d’armata di 2 divisioni disponeva organicamente nel suo ambito di: se italiano di 96 bocche da fuoco (32+32+32) di 124 se francese (36+36+36+16), di 148 se tedesco (66+66+18) e di 92 se austro-ungarico (42+42+8).
Vero è che esisteva l’equivalenza numerica delle bocche da fuoco tra il corpo d’armata italiano e quello austro-ungarico, ma questo ultimo utilizzava materiale da campagna con prestazioni superiori e, soprattutto, al pari del corpo d’armata tedesco, disponeva dell’obice campale da 76,5 particolarmente adatto ai terreni impiego nel settore orientale italiano.
L’artiglieria da campagna francese, a sua volta, era superiore all’artiglieria similare austro-ungarica e tedesca, ma anche l’esercito francese si trovava  in uno stato di assoluta inferiorità rispetto all’armamento dell’artiglieria tedesca per tutto il resto, giacchè i tedeschi erano gli unici ad avere realizzato un’ottima proporzione tra l’artiglieria e le altre armi.

Nei riguardi della potenza di fuoco occorre sottolineare che la divisione di fanteria italiana disponeva in realtà di 12 mitragliatrici anziché delle 24 previste dagli organici, la francese di 24, la tedesca di 24 e l’austro-ungarica di 28. La debolezza dell’artiglieria e l’insufficienza delle mitragliatrici furono le principali cause che resero sterili le prime quattro battaglie dell’Isonzo.

Non da meno vi erano, nel 1914, grosse carenze nel settore del vestiario e dell’equipaggiamento. In linea generale queste furono ripianate senza difficoltà in quanto nel Paese esistevano industrie in grado di produrre, anche in tempi relativamente brevi, tutto il necessario. Per l’equipaggiamento ed il vestiario il problema era solo di natura finanziaria. Merita in ogni caso dare un breve sguardo alla evoluzione di questo settore, che nella sostanza resse bene alla prova della guerra.

* Materiali per il Dizionario Minimo della Grande Guerra 1916
info:centrostudicesvam@istitutonastroazzurro.org

[1] Alberti A., Testimonianze straniere sulla guerra italiana. 1915-1918, Roma, Ministero della Guerra, Comando del Corpo di Stato Maggiore, Ed. Giornale “Le Forze Armate”, 1931.
[2]        La divisione francese ne aveva 36 da 75, la divisione tedesca 54 cannoni da 77/906 e 12 obici campali leggeri da 105/mod 98-09 e quella austro ungarica 30 cannoni ca campagna e 12 obici campali   

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