Il Corpo Italiano di Liberazione nacque in
data 22 marzo 19441 dalla trasformazione del I Raggruppamento
Motorizzato che cominciò ad operare già dal 27 settembre 1943 quando era stato
costituito nella zona di San Pietro Vernotico (LE) riunendo, sulla base di
circostanze casuali, circa 5000 soldati abbastanza eterogenei provenienti dalle
Divisioni “Mantova”, “Legnano”, “Piceno” e dal LI Corpo d’Armata. Anche i
problemi personali erano quindi diversi ed eterogenei; si andava dai
settentrionali che si preoccupavano per le famiglie lasciate al di là della
linea di difesa tedesca, ai meridionali che non ricevevano notizie dai propri
cari perché il servizio postale alleato non funzionava.
Come Raggruppamento prese parte alle
battaglie di Monte Lungo (8 e 16 dicembre 1943) con una forza in prima linea di
circa 1000 uomini tratti dal 67° battaglione “Legnano” e dal LI battaglione
bersaglieri Allievi Ufficiali. Le perdite furono numerose (circa 450 uomini tra
morti, feriti e dispersi) e dovute non tanto alla mancanza di valore, quanto alla
mancanza di coordinamento con gli Alleati e chiarezza della situazione nemica.
Sia gli equipaggiamenti sia l’armamento e il vettovagliamento, inoltre, non
erano all’altezza di un corpo da combattimento.
Il C.I.L. costituì quindi la forza italiana
che partecipava, al fianco delle Armate anglo-americane, alle operazioni di
guerra contro i tedeschi lungo il fronte operativo di guerra che correva
dall’Adriatico al Tirreno lungo il Sangro e il Garigliano. Il resto delle forze
contrapposte erano costituite a nord dalla 10^ Armata tedesca schierata sulla
linea di difesa invernale e a sud dalla 5^ Armata americana e dall’8^ Armata
britannica, rispettivamente nel settore tirrenico e adriatico.
Inizialmente inquadrate sotto la 5^ Armata
americana, le forze del Corpo Italiano di Liberazione a disposizione del Gen. Umberto
Utili, che dal gennaio 1944 aveva sostituito il Gen. Vincenzo Dapino, furono:
68° Reggimento di fanteria “Legnano” su due
battaglioni (I e II);
4° Reggimento bersaglieri su due battaglioni (XXIX
e XXXIII);
11° Reggimento artiglieria, già del
raggruppamento proveniente dalla Div. Mantova, su quattro gruppi (I da 105/28,
II da 100/22, III e IV da 75/18, 263^ batteria da 20 mm .);
CLXXXV battaglione paracadutisti su tre
compagnie;
battaglione alpini "Piemonte"2,
su tre compagnie e una batteria da 75 mm . someggiata;
battaglione
arditi con il IX reparto d'assalto3 ;
unità dei Carabinieri Reali (39^ e 51^
sezione), del Genio (LI battaglione) e dei servizi.
La forza
iniziale del Raggruppamento era di circa 5000 uomini ed era andata aumentando fino
ai 9-10000 del 22 marzo, mano a mano che si riformavano i reparti e venivano
inviati in prima linea. Il limite massimo per la “divisione di combattimento”
dell’Esercito Italiano, cioè il C.I.L., era stata fissato dal Comando in capo
alleato in 14100 unità (su un totale di 341170 di forza complessiva
dell’Esercito).
Si trattava,
per utilizzare le parole del Gen. Utili, di
una massa molto irrequieta suscettibile di oscillazioni spirituali, di
depressioni subitanee e quindi costituisce uno strumento di guerra molto
delicato. I principali problemi operativi che si ponevano erano dovuti sia alla
stanchezza, dal momento che alcuni stavano in prima linea dalla prima decade
del mese di febbraio, sia alla mancanza di mezzi corazzati e motorizzati da
combattimento che limitava l’impiego in battaglie in campo aperto. D’altra
parte però c’era l’elemento d’eccellenza costituito dalla capacità di combattimento
in montagna che negli Alleati era molto scarsa. In particolare si distinse il
battaglione alpino “Piemonte” del 3° reggimento alpini che fu chiamato ad
operare nel settore delle Mainarde dove dimostrò tutto il suo valore e
capacità. Qui il fatto d’arme di Monte Marrone (31 marzo – 10 aprile 1944) rappresentò
uno spartiacque sia per la considerazione che l’Alleato ebbe di questa unità e
del soldato italiano, sia per il morale e la coesione stessa del personale. Con
un’operazione da manuale e perdite limitate a poche unità, vennero riscattate
tutte la perdite di Monte Lungo. Questo fatto, unito alle sconfitte inflitte in
scontri locali alle forze tedesche, contribuì ad aumentare la fiducia e lo
spirito combattivo delle truppe. In contemporanea, grazie alle continue
pressioni dei Comandanti italiani, si ebbe anche un miglioramento delle condizioni
di vestiario e vettovagliamento.
Pressioni che riguardavano
anche il numerico del personale di prima linea. Con il rientro della Divisione “Nembo”
dalla Sardegna si paventò la possibilità di portare sotto il comando del C.I.L.
questa ulteriore unità che manteneva la sua costituzione originaria su due
reggimenti di fanteria, il 183° e il 18°. L’idea era quella di creare un Corpo
d’Armata su due Divisioni (“Legnano”, formata dalla trasformazione del I
Raggruppamento motorizzato e “Nembo”). Il tutto però avrebbe comportato un
incremento delle forze fino a circa 24000 unità, ben lontano dalle 14100 fissate.
L’ipotesi del Capo di S.M.E., Gen. Berardi, di unire una diminuzione delle
altre Divisioni (“Mantova” e “Piceno”) al fatto che la parte eccedente poteva
essere tenuta in riserva onde, se necessario, scavalcare o sostituire le forze
in prima linea, si scontrava con quella degli Alleati di riformare l’organico
mantenendo invariato il numerico.
Il 16 maggio la Divisione “Nembo” rientrò
effettivamente dalla Sardegna. In un primo momento, il 18 maggio, il solo 184°
reggimento artiglieria venne assegnato al C.I.L.. Il resto della Divisione fu
posta alle dipendenze operative del C.I.L. in data 26 maggio. L’importanza che
lo Stato Maggiore dell’Esercito dava alla riorganizzazione dei reparti in prima
linea si evince anche dal fatto che il 2 giugno fu creata una apposita
Delegazione dello Stato Maggiore italiano di coordinamento e collegamento con il
V Corpo d’armata Britannico, da cui il C.I.L. al momento dipendeva. Dopo tante
pressioni, gli Alleati acconsentirono all’aumento della forza. Pur non divenendo
un Corpo d’Armata e mantenendo la formazione binaria come da ordinamento Pariani
del Regio Esercito del 1939, dal 20 giugno 1944 il C.I.L. assunse il seguente
ordinamento4:
Comando del
Corpo Italiano di Liberazione:
quartier generale e uffici vari;
comando artiglieria (I gruppo da 105/28, II gruppo
da 100/22, III e IV gruppo da 75/18, V gruppo controcarro da 57/50, 363^
batteria da 20 mm .,
gruppo da 149/19 in arrivo);
comando del genio (LI gruppo misto del genio);
servizi (sanità, commissariato, artiglieria,
genio, trasporti e postale);
Carabinieri Reali
I Brigata
(agli ordini del Col. Fucci):
4° reggimento bersaglieri (battaglioni XXIX e
XXXIII);
3° reggimento alpini (battaglioni “Piemonte”
e “M. Granero” di previsto arrivo);
185° reparto arditi paracadutisti “Nembo”;
IV gruppo artiglieria someggiato da 175/13.
II
Brigata (agli ordini del Col. Moggio):
68° reggimento fanteria “Legnano”
(battaglioni I e II);
IX reparto d’assalto;
battaglione di marina “Bafile” (che
all’arrivo del battaglione “Grado” formerà il reggimento “San Marco”);
V gruppo artiglieria someggiato.
Divisione
“NEMBO” (agli ordini del Gen. Morigi):
183° reggimento fanteria (battaglioni XV e XVI);
18° reggimento fanteria (battaglioni XIII e XIV)
CLXXXIV battaglione guastatori
184° reggimento artiglieria (I gruppo da 75/27,
II da 100/22, 184° batteria da 20
mm .);
184^
compagnia motociclisti, 184^ compagnia mortai da 81, 184^ compagnia minatori
artieri, 184^ compagnia collegamenti e
servizi divisionali.
Con questo ordinamento il C.I.L. combatté
prima nel settore tirrenico e poi adriatico, fino allo scioglimento, avvenuto il
25 settembre 1944, a
favore della creazione dei Gruppi di Combattimento.
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