Per quanto riguarda gli
equipaggiamenti, per definizione ci riferiamo alle divise, compresi fregi,
mostrine e gradi, alle calzature, alle buffetterie e cinturoni, all’elmetto e
agli zaini.
Come
premessa, va ricordato che il C.I.L. opera nell’Italia centrale tra l’aprile e
il luglio 1944, al fianco delle truppe alleate impegnate sulla linea “Gustav” e
in seguito fino alla linea “Gotica”, nella campagna militare per la liberazione
dell’Italia, dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943. La sua costituzione segue
le azioni del I Raggruppamento Motorizzato Italiano che, nato già a fine
settembre del ’43, dopo i primi combattimenti di Montelungo, nel Marzo ‘44 si
era distinto sul Monte Marrone, prima conquistando e poi mantenendo, nonostante
la controffensiva tedesca, la vetta con il battaglione alpino “Piemonte” e il
185° battaglione paracadutisti “Nembo”. I comandi alleati, sotto la spinta non
solo tattica quanto morale, dei risultati ottenuti, autorizzano quindi la
creazione del C.I.L. che passa dai 5000 uomini del Raggruppamento Motorizzato,
prima a 9000-10000 fino a 25.000 unità, sotto il comando italiano del Gen.
Utili. Ambiente operativo in cui i soldati italiani sono chiamati ad operare è
quello dei monti del basso Lazio prima (Mainarde) e poi, nel settore adriatico,
del Molise e dell’Abruzzo, in una stagione ancora invernale, caratterizzata in
quota da neve e temperature rigide, ma che nel proseguo delle operazioni, che
si protrarranno in primavera ed estate, migliorerà dal punto di vista climatico.
Lo Stato
Maggiore italiano, nell’ottobre 1943, ha la necessità di approntare rapidamente
queste unità combattenti, poiché incombono le esigenze operative che
coinvolgeranno le truppe italiane al fianco degli alleati. Supportare
logisticamente il I Raggruppamento Motorizzato e poi, nell’Aprile ’44, una
forza ancor più consistente di soldati che compone il C.I.L., è subito impresa piuttosto ardua per il
comando italiano, considerando che le truppe vengono da più di tre anni di
conflitto su altri fronti ed un periodo di sbandamento seguito all’8 settembre,
in cui molti materiali di equipaggiamento sono andati perduti. I magazzini
presenti sul territorio italiano del sud liberato sono svuotati dagli alleati
per rifornire i partigiani di Tito in Jugoslavia, poiché ancora non ha preso
piede l’idea di creare un corpo italiano da affiancare alle truppe alleate,
risorto sulle ceneri dell’ex-esercito nemico. L'Intendenza della 7^ Armata,
l'unico grande comando ancora efficiente nell'Italia occupata dagli Alleati, si
ritrova con un enorme numero di tenute coloniali complete nei magazzini di
Napoli. Proprio con queste uniformi vengono riforniti gli uomini del
Raggruppamento Motorizzato, che ancora indossano le lise divise grigioverde e
gli equipaggiamenti in dotazione durante gli eventi bellici della prima parte
del secondo conflitto mondiale. Inizialmente viene cucito al petto lo scudo
sabaudo, che inviso alle popolazioni locali, sarà motivo di polemiche
sull’opportunità di adottarlo, mentre sono mantenute le mostreggiature e le
spalline coi gradi. Il completo
estivo si compone di un camiciotto sahariano ed ampi pantaloni da serrare sotto
il ginocchio con le fasce mollettiere. La sahariana, che era stata utilizzata
in Africa, ha un colletto ampio guarnito con le mostreggiature, è dotata di
quattro tasche ed è aperta fino allo sterno. Tre bottoni, il primo dei quali
sempre slacciato, chiudono la giubba. Sotto il camiciotto di tela, i militari
mettono spesso la camicia grigioverde che a dicembre non deve rappresentare
proprio la soluzione perfetta. In relazione agli equipaggiamenti e al
vestiario, i soldati del C.I.L. hanno quelli ereditati dal I Raggruppamento e
il problema degli equipaggiamenti resterà, per tutto il periodo in cui il
C.I.L. opera, ancora insoluto. Taluni come i paracadutisti del Nembo, hanno la
divisa estiva caki, mentre gli altri battaglioni conservano la divisa invernale
grigioverde con il pastrano. Per quanto riguarda le calzature, molti hanno solo un paio di scarpe ed altri
neanche quelle (Fig.1). Alpini e bersaglieri mantengono il copricapo
tradizionale, mentre l’elmetto utilizzato è il tipo M33 in dotazione alle
truppe del Regio Esercito (Fig.2) e il
tipo M42 per i paracadutisti. A testimonianza della scarsità degli
equipaggiamenti, riportiamo una richiesta che il Comando Italiano inoltra a
fine Novembre 1943, agli organi superiori, in cui si richiedevano mantelle
anti-pioggia (gabbani impermeabili) per
le sentinelle di guardia.[1]
Sia il
Raggruppamento prima che in seguito i reparti del C.I.L conducono quindi le
operazioni che abbiamo ricordato, utilizzando gli equipaggiamenti italiani
originari. Tale materiale all’inizio delle operazioni è in realtà già usurato,
venendo, come detto, da un periodo di guerra e poi di mancato reintegro, e appare
da subito insufficiente sia ai comandi italiani che agli osservatori alleati;
prima dell’inserimento in linea, le truppe alleate, con l’intento di testare la
capacità operativa del Raggruppamento, effettuano il 2 novembre 1943 una
esercitazione, i cui esiti dimostreranno, come riportato nei commenti dei
vertici di comando, che il morale delle truppe italiane è molto buono ma i
materiali in dotazione particolarmente scarsi.[2]
Nonostante
questa carenza, il CIL porta a termine, inquadrato nello schieramento alleato,
brillanti operazioni militari e, sorprendentemente, avanza nella liberazione
del territorio abruzzese , in pochi mesi, fino alle Marche.
Dopo la
battaglia di Filottrano e la liberazione di Ancona (Fig.3,4), il C.I.L. appare
però stremato e logorato negli uomini e nei mezzi, tanto da richiedere una
riorganizzazione ordinativa che vedrà la nascita dei Gruppi di Combattimento.
che riceveranno dagli alleati nuovi equipaggiamenti. Infatti i soldati italiani
che fanno parte di queste unità , oltre alle armi in dotazione all’esercito
inglese, avranno, come nuovo equipaggiamento, il classico elmetto a padella,
buffetteria in canapa e le divise inglesi, su cui potranno apporre fregi, gradi
e mostrine italiane. Ovviamente si tratta di un supporto logistico in
armamenti, equipaggiamenti e mezzi che risulta indispensabile per poter
proseguire le operazione delle Grandi Unità italiane, ma che snatura la
caratteristica di nucleo del nuovo esercito italiano che si era avuto con il
C.I.L.: infatti, da una parte, i soldati costituenti i Gruppi di Combattimento
si trovano ad agire indossando divise non del proprio Paese, pur combattendo
sul territorio della propria nazione, e questo incide certamente sul morale e
sulla motivazione degli uomini; d’altro canto, va comunque considerato che,
nelle attività operative, il buono stato dell’equipaggiamento del singolo
riveste una importanza fondamentale sia dal punto di vista strettamente
tattico, per la conduzione delle operazioni, quanto dal punto di vista del
morale del soldato , che combatte meglio se posto nelle migliori condizioni
possibili.
In
conclusione, giova ricordare, per meglio inquadrare il ruolo rivestito dal C.I.L. nelle operazioni militari sul fronte
alleato in Italia, che questa prima Grande Unità, embrione del ricostituito
Esercito Italiano, si trova ad operare
ricca di entusiasmo, per il ruolo che deve ricoprire nella lotta di liberazione
del proprio Paese, ma con equipaggiamenti, come abbiamo in precedenza descritto,
particolarmente scarsi rispetto alle dotazioni degli alleati che è chiamata ad
affiancare. Il fattore numerico, un
corpo di molte migliaia di soldati, solleva notevoli problemi di natura
logistica ai nostri Comandi. Gli alleati probabilmente non tengono in gran
conto l’apporto delle truppe italiane all’offensiva portata avanti sul fronte italiano, non
vedono di buon occhio una sua particolare affermazione sul campo e quindi
privilegiano i rifornimenti verso truppe partigiane, che agiscono sul fronte
oltre le linee nemiche. Gioca qui sicuramente anche la diffidenza verso un
esercito che fino a pochi mesi prima era nemico. Lo Stato Maggiore italiano
altresì chiede ai comandi alleati supporti per reintegrare i materiali ma
preferisce, per dimostrare che ancora possiede capacità operative e nell’intento
di riaffermare i valori nazionali, cercare di sfruttare al meglio materiali e
mezzi di cui dispone, sottraendoli ai vari reparti inoperosi.
Le lacune nell’equipaggiamento, che si sommano ad
altre maggiori deficienze nei mezzi e negli armamenti[3], non
impediscono al C.I.L. di combattere e ottenere risultati sul campo, nonostante
le avverse condizioni ambientali, probabilmente perché composto da soldati
motivati e spinti da un senso di rivalsa, al fine di dimostrare il proprio
valore ed onore ai vecchi nemici, ora alleati.
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