Obiettivo della Civica Galleria: La Scuola

Il Blog ha assunto nel tempo due funzioni. La prima è quella di essere espressione del Figurino Storico.
In un mondo globalizzato, lo studio della storia è sempre più indipendente pr capire le origini delle civiltà e questo è il nostro obiettivo primario
Con la denominazione "Civica Galleria del Figurino Storico" si vuole appunto sottolineare la creazione di un vero centro museale, l'unico nelle marche, sulla base di un progetto condiviso tra l'Assessorato alla Cultura del Museo di Osimo, la Società Parko spa che gestisce il trasporto pubblico locale e l'associazione Tavola Rotonda, impostato sullo stile dei grandi musei come lo Stibbert di Firenze e quello di Calenzano dove il figurino storico viene utilizzato come strumento didattico e invito allo studio della storia.
Gli obiettivi della Civica Raccolta osimana sono i medesimi, ma una attenzione particolare è rivolta alle scuole, sopratutto elementari e medie, dove lo studio dei questa materia da parte dei bambini avviene spesso in modo mnemonico; ebbene l'utilizzo del figurino storico vuole essere uno strumento didattico integrativo del libro di scuola ed il nostro locale diventare una sorta di aula didattica dove i bambini si possono appassionare a questa disciplina

La Seconda è quella di divenire lo spazio esterno del CESVAM - Centro Studi sul valore Militare dell'Istituto del Nastro Azzurro come spazio per approfondire, oltre che i temi della Uniformologia, anche quelli concernenti le scienze ausiliari della Storia, quali, oltre la Uniformologia, anche la Vessillologia, ovvero lo studio delle Bandiere, l'Araldica, i Mezzi e gli equipaggiamenti, ed il Collezionismo militare in genere ( cartoline, ecc.)

sabato 20 luglio 2013

Serate di Storia. Osimo in Guerra Venerdi 26 luglio 2013 ore 21 Casenuove di Osimo


                                          Il prossimo venerdì 26 luglio 2013, ore 21
a Casenuove di Osimo

 sui luoghi stessi degli avvenimenti 
per le Serate di Storia

il  dott. Massimo Coltrinari
parlerà sul tema

 OSIMO IN GUERRA

IL CORPO ITALIANO DI LIBERAZIONE
DA FILOTTRANO A JESI
IL FORZAMENTO DEL MUSONE, L'ATTESTAMENTO E LA LIBERAZIONE DI JESI
10-20 LUGLIO 1944
Il Il Corpo Italiano di Liberazione verso Jesi

La conferenza sarà articolata con la descrizione delle operazioni condotte, all'indomani della conquista di Filottrano (9 luglio 1944), da parte del battaglione Piemonte per il forzamento del fiume Musone a Casenuove di Osimo e l'azione di aggiramento su Rustico (18 luglio 1944), azione propedeutica all'investimento di Santa Maria Nuova, che fu, una volta conquistata, la base di partenza per la liberazione di Jesi, il 20 luglio 1944 alle ore 7,30.

Gli aspetti tattici della conferenza saranno intervallati con citazioni da documenti coevi, tratte da diari tenuti in quei giorni,  dalla descrizione dei sacrifici e lutti sopportati dalla popolazione osimana,  
e si ricorderanno coloro che vi persero la vita, primi fra tutti i componenti della Famiglia Spinzanti.

La manifestazione si inserisce nel progetto in essere, promosso dal Club Ufficiali Marchigiani, dalla Società di Storia Militare e dalla "Civica Galleria del Figurino Storico di Osimo", di dotare il Munomento ricordo di Casenuove di Osimo di tabelloni esplicativi degli avvenimenti in occasione del 70° anniversario, che cadrà il prossimo anno

per informazioni e approfondimennti sul tema trattato
 www. coltrinarimarche1944.blogspot.com
www.corpoitalianodiliberazione.blogspot.com


Filottrano: dopo Monte Marrone 31 marzo 1944, la seconda vittoria sul campo del C.I.L.

Alpini del Battaglione Piemonte

8-9-Luglio 1944: i Paracadutisti conquistano Filottrano, premessa all'azione sul Musone

Paracadutisti del C.I.L. protagonisti della battaglia di Filottrano
Le posizioni del C.I.L. all'indomani della conquista di Filottrano 8-9 luglio1944



Per approdondimeti sulle operazioni del Corpo Italiano di Liberazione in questo period vds
 www. coltrinarimarche1944.blogspot.com

Per informazioni sul Corpo Italiano di Liberazione vds.
www.corpoitalianodiliberazione.blogspot.com


20 luglio 1944 Il Battaglione Piemonte libera Jesi 20 luglio 2013

Nella data anniversaria della liberazione di Jesi alcune immagini del Battaglione Piemonte che liberò la cittadina marchigiana dopo i combattimenti per il forzamento del Musone, di Rustico e Santa Maria Nuova



Alpini del Battaglione Piemonte in posa un pò goliardica all'indomani della presa di Jesi il 20 luglio 1944


Contraerea del C.I.L. in azione


Jesi 20 luglio 1944 ore 12. Il magg. Briatore con i suoi ufficiali e con tutto il Battaglione Piemonte a Jesi liberata

lunedì 15 luglio 2013

Corpo Italiano di Liberazione: gli equipaggiamenti

Per quanto riguarda gli equipaggiamenti, per definizione ci riferiamo alle divise, compresi fregi, mostrine e gradi, alle calzature, alle buffetterie e cinturoni, all’elmetto e agli zaini.
Come premessa, va ricordato che il C.I.L. opera nell’Italia centrale tra l’aprile e il luglio 1944, al fianco delle truppe alleate impegnate sulla linea “Gustav” e in seguito fino alla linea “Gotica”, nella campagna militare per la liberazione dell’Italia, dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943. La sua costituzione segue le azioni del I Raggruppamento Motorizzato Italiano che, nato già a fine settembre del ’43, dopo i primi combattimenti di Montelungo, nel Marzo ‘44 si era distinto sul Monte Marrone, prima conquistando e poi mantenendo, nonostante la controffensiva tedesca, la vetta con il battaglione alpino “Piemonte” e il 185° battaglione paracadutisti “Nembo”. I comandi alleati, sotto la spinta non solo tattica quanto morale, dei risultati ottenuti, autorizzano quindi la creazione del C.I.L. che passa dai 5000 uomini del Raggruppamento Motorizzato, prima a 9000-10000 fino a 25.000 unità, sotto il comando italiano del Gen. Utili. Ambiente operativo in cui i soldati italiani sono chiamati ad operare è quello dei monti del basso Lazio prima (Mainarde) e poi, nel settore adriatico, del Molise e dell’Abruzzo, in una stagione ancora invernale, caratterizzata in quota da neve e temperature rigide, ma che nel proseguo delle operazioni, che si protrarranno in primavera ed estate, migliorerà dal punto di vista climatico.
Lo Stato Maggiore italiano, nell’ottobre 1943, ha la necessità di approntare rapidamente queste unità combattenti, poiché incombono le esigenze operative che coinvolgeranno le truppe italiane al fianco degli alleati. Supportare logisticamente il I Raggruppamento Motorizzato e poi, nell’Aprile ’44, una forza ancor più consistente di soldati che compone il C.I.L.,  è subito impresa piuttosto ardua per il comando italiano, considerando che le truppe vengono da più di tre anni di conflitto su altri fronti ed un periodo di sbandamento seguito all’8 settembre, in cui molti materiali di equipaggiamento sono andati perduti. I magazzini presenti sul territorio italiano del sud liberato sono svuotati dagli alleati per rifornire i partigiani di Tito in Jugoslavia, poiché ancora non ha preso piede l’idea di creare un corpo italiano da affiancare alle truppe alleate, risorto sulle ceneri dell’ex-esercito nemico. L'Intendenza della 7^ Armata, l'unico grande comando ancora efficiente nell'Italia occupata dagli Alleati, si ritrova con un enorme numero di tenute coloniali complete nei magazzini di Napoli. Proprio con queste uniformi vengono riforniti gli uomini del Raggruppamento Motorizzato, che ancora indossano le lise divise grigioverde e gli equipaggiamenti in dotazione durante gli eventi bellici della prima parte del secondo conflitto mondiale. Inizialmente viene cucito al petto lo scudo sabaudo, che inviso alle popolazioni locali, sarà motivo di polemiche sull’opportunità di adottarlo, mentre sono mantenute le mostreggiature e le spalline coi gradi.          Il completo estivo si compone di un camiciotto sahariano ed ampi pantaloni da serrare sotto il ginocchio con le fasce mollettiere. La sahariana, che era stata utilizzata in Africa, ha un colletto ampio guarnito con le mostreggiature, è dotata di quattro tasche ed è aperta fino allo sterno. Tre bottoni, il primo dei quali sempre slacciato, chiudono la giubba. Sotto il camiciotto di tela, i militari mettono spesso la camicia grigioverde che a dicembre non deve rappresentare proprio la soluzione perfetta. In relazione agli equipaggiamenti e al vestiario, i soldati del C.I.L. hanno quelli ereditati dal I Raggruppamento e il problema degli equipaggiamenti resterà, per tutto il periodo in cui il C.I.L. opera, ancora insoluto. Taluni come i paracadutisti del Nembo, hanno la divisa estiva caki, mentre gli altri battaglioni conservano la divisa invernale grigioverde con il pastrano. Per quanto riguarda le calzature,  molti hanno solo un paio di scarpe ed altri neanche quelle (Fig.1). Alpini e bersaglieri mantengono il copricapo tradizionale, mentre l’elmetto utilizzato è il tipo M33 in dotazione alle truppe del  Regio Esercito (Fig.2) e il tipo M42 per i paracadutisti. A testimonianza della scarsità degli equipaggiamenti, riportiamo una richiesta che il Comando Italiano inoltra a fine Novembre 1943, agli organi superiori, in cui si richiedevano mantelle anti-pioggia (gabbani impermeabili)  per le sentinelle di guardia.[1]
Sia il Raggruppamento prima che in seguito i reparti del C.I.L conducono quindi le operazioni che abbiamo ricordato, utilizzando gli equipaggiamenti italiani originari. Tale materiale all’inizio delle operazioni è in realtà già usurato, venendo, come detto, da un periodo di guerra e poi di mancato reintegro, e appare da subito insufficiente sia ai comandi italiani che agli osservatori alleati; prima dell’inserimento in linea, le truppe alleate, con l’intento di testare la capacità operativa del Raggruppamento, effettuano il 2 novembre 1943 una esercitazione, i cui esiti dimostreranno, come riportato nei commenti dei vertici di comando, che il morale delle truppe italiane è molto buono ma i materiali in dotazione particolarmente scarsi.[2]
Nonostante questa carenza, il CIL porta a termine, inquadrato nello schieramento alleato, brillanti operazioni militari e, sorprendentemente, avanza nella liberazione del territorio abruzzese , in pochi mesi, fino alle Marche.
Dopo la battaglia di Filottrano e la liberazione di Ancona (Fig.3,4), il C.I.L. appare però stremato e logorato negli uomini e nei mezzi, tanto da richiedere una riorganizzazione ordinativa che vedrà la nascita dei Gruppi di Combattimento. che riceveranno dagli alleati nuovi equipaggiamenti. Infatti i soldati italiani che fanno parte di queste unità , oltre alle armi in dotazione all’esercito inglese, avranno, come nuovo equipaggiamento, il classico elmetto a padella, buffetteria in canapa e le divise inglesi, su cui potranno apporre fregi, gradi e mostrine italiane. Ovviamente si tratta di un supporto logistico in armamenti, equipaggiamenti e mezzi che risulta indispensabile per poter proseguire le operazione delle Grandi Unità italiane, ma che snatura la caratteristica di nucleo del nuovo esercito italiano che si era avuto con il C.I.L.: infatti, da una parte, i soldati costituenti i Gruppi di Combattimento si trovano ad agire indossando divise non del proprio Paese, pur combattendo sul territorio della propria nazione, e questo incide certamente sul morale e sulla motivazione degli uomini; d’altro canto, va comunque considerato che, nelle attività operative, il buono stato dell’equipaggiamento del singolo riveste una importanza fondamentale sia dal punto di vista strettamente tattico, per la conduzione delle operazioni, quanto dal punto di vista del morale del soldato , che combatte meglio se posto nelle migliori condizioni possibili.
In conclusione, giova ricordare, per meglio inquadrare il ruolo rivestito dal  C.I.L. nelle operazioni militari sul fronte alleato in Italia, che questa prima Grande Unità, embrione del ricostituito Esercito Italiano,  si trova ad operare ricca di entusiasmo, per il ruolo che deve ricoprire nella lotta di liberazione del proprio Paese, ma con equipaggiamenti, come abbiamo in precedenza descritto, particolarmente scarsi rispetto alle dotazioni degli alleati che è chiamata ad affiancare.      Il fattore numerico, un corpo di molte migliaia di soldati, solleva notevoli problemi di natura logistica ai nostri Comandi. Gli alleati probabilmente non tengono in gran conto l’apporto delle truppe italiane all’offensiva  portata avanti sul fronte italiano, non vedono di buon occhio una sua particolare affermazione sul campo e quindi privilegiano i rifornimenti verso truppe partigiane, che agiscono sul fronte oltre le linee nemiche. Gioca qui sicuramente anche la diffidenza verso un esercito che fino a pochi mesi prima era nemico. Lo Stato Maggiore italiano altresì chiede ai comandi alleati supporti per reintegrare i materiali ma preferisce, per dimostrare che ancora possiede capacità operative e nell’intento di riaffermare i valori nazionali, cercare di sfruttare al meglio materiali e mezzi di cui dispone, sottraendoli ai vari reparti inoperosi.
Le lacune nell’equipaggiamento, che si sommano ad altre maggiori deficienze nei mezzi e negli armamenti[3], non impediscono al C.I.L. di combattere e ottenere risultati sul campo, nonostante le avverse condizioni ambientali, probabilmente perché composto da soldati motivati e spinti da un senso di rivalsa, al fine di dimostrare il proprio valore ed onore ai vecchi nemici, ora alleati.
 







Corpo Italiano di Liberazione: L'ambiente operativo

Nell’inverno tra il 1943 ed il 1944 la situazione si era pressoché cristallizzata, tuttavia in quel periodo furono gettate le basi per la massiccia offensiva della successiva primavera da parte degli alleati e particolare enfasi fu data sia all’addestramento delle truppe che agli approntamenti logistici.
Nonostante fossero state prese adeguate misure al fine di mantenere il più assoluto segreto, il comando tedesco aveva previsto l’imminente offensiva alleata ed aveva provveduto ad organizzare una serie di linee difensive
L’ambiente operativo, all’interno del quale furono inquadrate le operazioni del CIL, è diviso nelle seguenti zone:
-          le Mainarde;
-          il settore Adriatico
Nel ambito del sottotema assegnato, il compito del presente elaborato è quello di fornire le informazioni sull’ambiente operativo, allo scopo di contribuire allo sviluppo del più ampio elaborato di gruppo.
Nella trattazione sopra esposta, lo scritto si limiterà alla descrizione del settore Mainarde.
La zona delle Mainarde è una catena montuosa di pianta approssimativamente triangolare, particolarmente aspra ed impervia, delimitata nel settore sud-ovest dal paese di S. Biagio Saracinisco, nel settore sud-est dal paese di Castelnuovo e nel settore nord dal rilevo denominato Monte a Mare, da non confondere con Monte Mare che si trova nel settore sud delle Mainarde, prospiciente a Monte Marrone.
La zona, nella catena delle Mainarde, all’interno della quale il C.I.L. doveva operare, nell’ambito dell’offensiva di fine maggio 1944, era costituita da tre settori: Rio Chiaro, Monte Marrone e Monte Rocchetta. Di questi tre settori monte Marrone era quello centrale, destinato a svolgere l’azione principale di penetrazione mentre ai due settori laterali era riservata una semplice azione di sondaggio e fiancheggiamento tattile.
L’orientamento operativo entro cui si trovava ad operare il C.I.L. era quello di mantenere il nemico ingaggiato sulla zona delle Mainarde allo scopo di indurlo a ritenere che l’attacco si sarebbe sviluppato in direzione di Atina e di impedire che questi si riorganizzasse nella zona della massiccia offensiva alleata.
Il settore prescelto per l’azione principale corrispondeva ad una delle zone di terreno montagnoso particolarmente elevata aspra e difficile e quindi si pensava fosse l’ambiente più adatto all’impiego delle unità del C.I.L. le quali, pur non essendo adeguatamente motorizzate, come lo erano invece le unità americane, avevano però il vantaggio di essere ben allenate a manovrare su terreni impervi e ad agire svincolati dalla rete stradale.
La zona inoltre, proprio in relazione alla sua inospitalità, era caratterizzata da scarsa densità di popolazione, con un numero esiguo di centri abitati, peraltro di non vasta estensione.
Parimenti scarse erano le vie di comunicazione ed i collegamenti stradali, pertanto uno dei principali problemi che il C.I.L. dovette affrontare fu l’approvvigionamento ed il rifornimento logistico.
Allo scopo di risolvere detto problema, come d’altronde sembrava ovvio, fu fatto largo uso di viveri a secco, meno deteriorabili, per limitare pesi e ingombri dei vettovagliamenti.
Altrettanto largo uso fu fatto delle salmerie, unici mezzi atti a muoversi su terreni impervi e fuori dalle reti viarie.
Il X Corpo britannico, alle cui dipendenze si trovava il C.I.L., manifestò l’orientamento a svolgere azioni offensive nella zona di Monte Mare e Monte Cavallo e fu richiesto al suo comandante di preparare i piani d’azione e comunicare di quanti reparti avesse bisogno.
Più tardi, in relazione all’attacco in corso nel settore di Cassino, venne disposto che il C.I.L. svolgesse un’azione offensiva su Picinisco partendo dalla zona di Monte Mare-Colle Altare con attacco in forze su Monte Cavallo e Balzo della Cicogna.
-1-
 
In relazione a quanto sopra, il comandante del C.I.L. non riteneva possibile un’azione frontale contro Monte Cavallo a causa delle pesanti avversità del terreno, si doveva quindi prevedere un aggiramento da nord tramite Balzo della Cicogna e Regione Laganello. L’assalto da tale direzione però, presupponeva il possesso della cresta Monte Mare-Colle Altare come base di partenza di fuoco pesante ed era inoltre richiesto il concorso di fuoco d’artiglieria del settore neo-zelandese.
Il terreno è nell’insieme montagnoso, particolarmente tormentato verso ovest.
Vi sono tratti aspri e difficili con depressioni entro cui scorrono torrenti convoglianti le acque di diversi canaloni.
I rilievi hanno prevalente orientamento da sud-est a nord-ovest, al quale generalmente corrisponde anche quello delle depressioni.
Nel settore vi sono infatti due allineamenti montani entrambi con andamento generale da sud-est a nord-ovest:
-          uno va da Monte Castelnuovo (1250 mt.) a Monte S. Michele (1171 mt.), Monte Mattone (1521 mt.), Monte la Rocca (1590 mt.), la Montagnola (1570 mt.);
-          l’altro va dalla catenella delle Mainarde (1806 mt.) a Monte Mare (2021 mt.), Colle dell’Altare (1991 mt.), Monte a Mare (2167 mt.), la meticcia (2114 mt.).
Saldati a sud attraverso il massiccio di Monte Marrone (1770 mt.), questi due allineamenti rinserrano nel mezzo un avvallamento detto appunto Valle di Mezzo su cui scorrono torrenti e rivoli in senso equatoriale.
Più ad ovest i rilievi aspri di Porcazzete (1664 mt.), Monte Cavallo (2070 mt.) e Balzo della Cicogna (1811 mt.) rientrano nei limiti marginali del Parco Nazionale d’Abruzzo e sono i rilievi più isolati di Abruzzo.
Monte Cavallo ha una posizione di rilievo rispetto alle alture circostanti e si presenta ad est come un insieme di bastioni inaccessibili, offrendo un varco solo in corrispondenza di quota 1961.
Aspro, scosceso e con pareti frequentemente ripide miste a dirupi, il monte si affaccia ad est ed a sud rispettivamente sulla Valle Venafrana e sulla Valle Monacesca.
A causa delle difficoltà del terreno pressoché insormontabili non è possibile un attacco frontale operando da sud. è possibile invece agire attraverso la Valle Monacesca o risalire l’alta Valle Venafrana per poter poi forzare il varco di quota 1961 oppure attaccare da nord.
A nord-ovest di Monte Cavallo vi sono altri due allineamenti importanti, sempre con orientamento sud-est nord-ovest:
-          uno costituito da Monte  la Meta (2241 mt.), Monte Tartaro (2181 mt.), Monte Petroso (2247 mt.), Monte Capraro (2060 mt.), Monte Amaro (1846 mt.);
-          l’altro, raccordato a Monte Mese per mezzo di Balzo di Conca-Colle S. Giacomo, è costituito da Monte Cazzole (1609 mt.), Rocca Altiera (2085 mt.), Monte Irto (1970 mt.), Colle dell’Osso (1531 mt.), Monte Dubbio (1611 mt.).
Tra i due allineamenti sono rinserrate le due valli sassose e fittamente boscose del Canneto e del Fondillo, separate tra loro dallo sbarramento di Monte Irto - Monte Petroso che costituisce una ottima posizione difensiva per chi voglia impedire l’accesso a Opi.
A nord la zona montuosa è interrotta dal solco Opi – Barrea – Alfedena sul quale scorre il fiume Sangro, spesso incassato tra fianchi ripidi e rocciosi, come  tra Opi e Barrea, o in ampio letto come da Alfedena fino verso Castel di Sangro.
Nel tratto occidentale del settore le comunicazioni sono assai scarse e disagevoli, un po’ meno nel tratto orientale, con frequenti risvolti, tra Castel S. Vincenzo, Pizzone e Alfedena.
Le risorse sono altresì limitate.

  
Nel complesso il terreno si presta molto bene ad una sistemazione difensiva e, di fatto, i tedeschi, sfruttando le favorevoli asperità, poterono mettersi in condizioni di realizzare una efficace economia delle forze ed ostacolare al tempo stesso, molto validamente, l’avanzata avversaria da sud, per la quale invece, date le caratteristiche del terreno, non vi erano larghe possibilità per svolgere azioni in profondità, mentre gravi difficoltà si presentavano in campo logistico.


domenica 14 luglio 2013

Corpo Italiano di Liberazione: I Piani Operativi

In data 22 Marzo 1944 il Comandante del  Primo Raggruppamento Motorizzato, il Generale Utili, inviò al Comando Gruppo Nord e al comando della 5^ Divisione Polacca “Kresova” una nota sull’occupazione del Monte [i]Marrone. Utili riteneva opportuno occupare il citato Monte in quanto il controllo tedesco del medesimo comprometteva molto seriamente le condizioni di difesa del settore Castelnuovo nel settore [ii] Mainarde.  L’operazione doveva essere condotta di sorpresa con le seguenti modalità descritte dal Generale Utili “Pattuglie a ventaglio che partendo da q. 1180 e dal piede dei vari canaloni del versante orientale arrivano pressoché contemporaneamente sulla linea della cresta verso le 7 del mattino. Stabilito in cresta questo servizio di vigilanza leggera, iniziare l’ascesa da q. 1180 e da valle Petrara delle unità destinate a presidiare la posizione;nel complesso non più di 200 uomini che potrebbero installarsi sul Marrone tra le 9 e le 10 del [iii] mattino.”
Le forze previste per l’operazione erano :
·       il battaglione alpini “Piemonte”, che aveva il compito di occupare Monte Marrone;
·       il battaglione paracadutisti che doveva “assicurare il fianco destro del battaglione alpini spostando avanti la posizione di resistenza del settore Castelnuovo;
·       il XXIX battaglione bersaglieri, in riserva tra Castelnuovo e Masseria Abruzzese.
Utili prevedeva quindi “Un’occupazione dell’ala della montagna a nuclei largamente intervallati ben forniti di armi automatiche ed aggrappati il meglio possibile ai roccioni che strapiombano su Valle Petrara;
·       una sistemazione la più rapida possibile compatibilmente alla fase accessoria (mine e reticolati);
·       una attivissima osservazione vicina e lontana;
·       una efficiente organizzazione di fuochi frontali e d’[iv]infilata”.
L’operazione, originariamente prevista per il 25 marzo 1944, venne rinviata in quanto il Generale Guillaumme informò il Generale Utili, dopo avere esaminato il progetto di operazione presentato da quest’ultimo, che la medesima non poteva iniziare che in una data successiva al 27 Marzo, dopo il cambio di dipendenza che avrebbe interessato il 1° Raggruppamento Motorizzato e la presa del comando di settore da parte della 5 Divisione [v] polacca.
Avvenuto il passaggio del 1° Raggruppamento Motorizzato alle dipendenze della 5^ Divisione polacca, il 27 Marzo il 1° Raggruppamento ricevette l’istruzione segreta e personale n. 343 con la quale il Generale Sulik, Comandante della 5^ Divisione indicò le sue intenzioni e i suoi intendimenti sull’azione per occupare Monte Marrone. Sempre il 27 Marzo giunse dal comando della 5^ Divisione l’Ordine generale in cui il Generale Sulik precisava i compiti della Divisione ed il concetto di [vi]manovra.  Nell’ordine i compiti della Divisione risultavano di natura difensiva , con azioni di contrattacco da condurre solo al fine di riconquistare posizione perdute entro la linea di resistenza.
All’interno dei compiti complessivi della Divisione , il 1° Raggruppamento , responsabile del settore Mare, doveva impedire la penetrazione del nemico in direzione di Colle Altare – M. Mare – Scapoli- Colle al Volturno. Il Generale Kulik ordino l’inizio dell’azione nella notte tra il 30 ed il 31 Marzo,   raccomandando “sorpresa e massima [vii]segretezza”. Il 1° Raggruppamento doveva occupare Monte Marrone e successivamente il Generale Utili avrebbe valutato, in caso di situazione favorevole, se occupare Monte Mare, senza però l’obbligo di tenerlo ad ogni costo come parte del sistema [viii]difensivo.
Dopo 48 ore dall’occupazione di Monte Marrone, il 1° Raggruppamento doveva poi assumere la difesa delle Mainarde, sostituendo a quota 1478 il 13 battaglione della fanteria [ix] polacca. Il  Generale Utili affermò nelle sue memorie che da parte del Comandante della Divisione Polacca non erano state sollevate obiezioni al suo piano, che gli era stata lasciata libertà d’azione e che gli sarebbe  stato fornito tutto l’aiuto [x]possibile.
Il 28 Marzo il comandante della Fanteria del Raggruppamento emanò l’ordine d’operazione n 395 concernente l’occupazione di Monte Marrone. Il battaglione Piemonte avrebbe dato corso all’occupazione con un movimento del grosso che doveva essere proceduto “da elementi esploranti alleggeriti che procedendo rapidamente sulla linea di cresta , avrebbero protetto il successivo movimento di scaglioni arretrati dalle dirette offese avversarie;” l’occupazione della linea di cresta doveva avere “carattere nucleare in corrispondenza dei punti più forti, più delicati, di maggiore dominio e di più vasto campo di osservazione e di tiro sul versante occidentale del Monte [xi]Marrone.” Il Colonello Fucci inoltre raccomandò che sulla linea di cresta tra i primi materiali affluisssero "gabbioni,matasse di filo spinato, mine a strappo, talchè prima di sera sia già stato dato soddisfacente sviluppo allo stendi mento di reticolati e dei campi di mine (a non meno di 50 metri dalle postazioni delle armi), siano messe in opera molte bombe a mano in funzione di mine”.I predetti appostamenti difensivi servivano a quella che era definita da Fucci una “posizione di resistenza che doveva essere tenuta ad oni costo contro eventuali azioni avversarie”Il battaglione  Piemonte doveva “strettamente collegarsi tatticamente con l’occupazione italo-polacca delle Mainarde (q.1478)  e con l’occupazione di q 1344  del CLXXXV Btg Paracadutisti;infine con l’occupazione arretrata di q 1180 che resta alle dipendenze tattiche del XXIX btg. [xii]Bersaglieri”.
Il Comandante del Corpo Italiano ed il Comandante della divisione “Kresova”, considerata la resistenza opposta dai tedeschi, si riunirono il 07 luglio 1944 e concordarono che l’attacco su Filottrano si sarebbe svolto con queste modalità:
·       l’attacco su Filottrano sarebbe stato eseguito con una manovra che avrebbe esercitato lo sforzo maggiore da est sulla destra , in corrispondenza della direttrice Villanova – Filottrano ed appoggiare tale sforzo con un attacco concomitante da sud;
·       l’azione sarebbe stata effettuata dall’intera divisione “Nembo” articolata in due colonne e una riserva;
·       la colonna di destra, la più forte, costituita dal 183° Reggimento di fanteria paracadutista col XV battaglione in I° scaglione e il XVI battaglione in 2° scaglione avrebbero attaccato da est a cavallo della rotabile Imbrecciata – Filiottrano;
·       la colonna di sinistra costituita dal XII battaglione paracadutisti del 184° Reggimento fanteria avrebbe condotto un’azione sussidiaria attaccando Filottrano da Sud a cavallo della rotabile Imbrecciata – Filottrano;
·       riserva divisionale , costituita dal CLXXXIV battaglione guastatori e dal XIV battaglione paracadutisti del 184° reggimento fanteria , avrebbe gravitato verso la destra dove si sarebbe svolto l’attacco principale;
·       l’attacco sarebbe iniziato alle ore 07.00 del giorno seguente , dopo un’ora di preparazione [xiii]d’artiglieria.
L’attacco sarebbe stato appoggiato come segue:
·       il I gruppo da 75/27 e il gruppo da 100/22 del 184° reggimento artiglieria “Nembo” avrebbe appoggiato la colonna di destra;
·       il IV gruppo da 75/18 dell’11° reggimento artiglieria avrebbe appoggiato la colonna di sinistra;
·       il I gruppo da 105/28 , il II da 100/22 e III gruppo da 75/18 dell’ 11 reggimento artiglieria, schierati rispettivamente sul costone S.Antonio del Forone, nella zona di C.Staffolani e in quella di C.Antonini, e il CLXVI gruppo da 149/19 avrebbero costituito “artiglieria massa di manovra”, assumendo come direttrice di tiro “quella determinata dall’ambito di Filottrano”.
·       l’artiglieria polacca avrebbe dato il suo appoggio all’azione ed era previsto il concorso di carri armati pesanti della 5^ [xiv]divisione.
Il Comandante del C.I.L. inoltre per evitare che la sinistra della Divisione  “Nembo” restasse scoperta , dispose che la 1^ brigata facesse ancora uno sforzo “per passare con la sua testa di colonna il torrente Monocchia e  spingersi il più avanti possibile direzione Appignano – Molino Campo di Bove” per assicurare il fianco sinistro della divisione “Nembo” ad ovest della rotabile Macerata – Filottrano – [xv]Iesi.




[i] Vedi Conti G. “ Il primo Raggruppamento Motorizzato “SME Ufficio Storico 1984 p.182.
[ii] Vedi Conti G.  “ Il primo Raggruppamento Motorizzato” SME Ufficio Storico 1984 pp.182-183.

[iii] Vedi Conti G. “Il primo Raggruppamento Motorizzato” SME Ufficio Storico 1984 p. 183.
[iv] Vedi Conti G. “Il primo Raggruppamento Motorizzato” SME Ufficio Storico 1984 p. 183.

[v] Vedi Conti G  “ Il primo Raggruppamento Motorizzato” SME Ufficio Storico 1984 p.184.
[vi] Vedi Conti G. “Il primo Raggruppamento Motorizzato” SME Ufficio Storico 1984 p. 184.

[vii] Vedi Conti G. “Il primo Raggruppamento Motorizzato” SME Ufficio Storico 1984 p. 184.

[viii] Vedi Conti G. “Il primo Raggruppamento Motorizzato” SME Ufficio Storico 1984 p. 185.

[ix] Vedi Conti G. “Il primo Raggruppamento Motorizzato” SME Ufficio Storico 1984 p. 186.

[x] Vedi Conti G. “Il primo Raggruppamento Motorizzato” SME Ufficio Storico 1984 p. 186.

[xi] Vedi Conti G. “Il primo Raggruppamento Motorizzato” SME Ufficio Storico 1984 p. 187.

[xii] Vedi Conti G. “Il primo Raggruppamento Motorizzato” SME Ufficio Storico 1984 p. 187.


[xiii] Vedi Crapanzano S. E. “Il Corpo Italiano di Liberazione” SME Ufficio Storico 1950 p.107.
[xiv] Vedi Crapanzano S. E. “Il Corpo Italiano di Liberazione” SME Ufficio Storico 1950 pp.107 -108
[xv] Vedi Crapanzano S. E. “Il Corpo Italiano di Liberazione” SME Ufficio Storico 1950 p.108

Corpo Italiano di Liberazione: le forze. Entità e Qualità

Il Corpo Italiano di Liberazione nacque in data 22 marzo 19441 dalla trasformazione del I Raggruppamento Motorizzato che cominciò ad operare già dal 27 settembre 1943 quando era stato costituito nella zona di San Pietro Vernotico (LE) riunendo, sulla base di circostanze casuali, circa 5000 soldati abbastanza eterogenei provenienti dalle Divisioni “Mantova”, “Legnano”, “Piceno” e dal LI Corpo d’Armata. Anche i problemi personali erano quindi diversi ed eterogenei; si andava dai settentrionali che si preoccupavano per le famiglie lasciate al di là della linea di difesa tedesca, ai meridionali che non ricevevano notizie dai propri cari perché il servizio postale alleato non funzionava.
Come Raggruppamento prese parte alle battaglie di Monte Lungo (8 e 16 dicembre 1943) con una forza in prima linea di circa 1000 uomini tratti dal 67° battaglione “Legnano” e dal LI battaglione bersaglieri Allievi Ufficiali. Le perdite furono numerose (circa 450 uomini tra morti, feriti e dispersi) e dovute non tanto alla mancanza di valore, quanto alla mancanza di coordinamento con gli Alleati e chiarezza della situazione nemica. Sia gli equipaggiamenti sia l’armamento e il vettovagliamento, inoltre, non erano all’altezza di un corpo da combattimento.
Il C.I.L. costituì quindi la forza italiana che partecipava, al fianco delle Armate anglo-americane, alle operazioni di guerra contro i tedeschi lungo il fronte operativo di guerra che correva dall’Adriatico al Tirreno lungo il Sangro e il Garigliano. Il resto delle forze contrapposte erano costituite a nord dalla 10^ Armata tedesca schierata sulla linea di difesa invernale e a sud dalla 5^ Armata americana e dall’8^ Armata britannica, rispettivamente nel settore tirrenico e adriatico.
Inizialmente inquadrate sotto la 5^ Armata americana, le forze del Corpo Italiano di Liberazione a disposizione del Gen. Umberto Utili, che dal gennaio 1944 aveva sostituito il Gen. Vincenzo Dapino, furono:
­     68° Reggimento di fanteria “Legnano” su due battaglioni (I e II);
­     4° Reggimento bersaglieri su due battaglioni (XXIX e XXXIII);
­     11° Reggimento artiglieria, già del raggruppamento proveniente dalla Div. Mantova, su quattro gruppi (I da 105/28, II da 100/22, III e IV da 75/18, 263^ batteria da 20 mm.);
­     CLXXXV battaglione paracadutisti su tre compagnie;
­     battaglione alpini "Piemonte"2, su tre compagnie e una batteria da 75 mm. someggiata;
­     battaglione arditi con il IX reparto d'assalto3 ;
­     unità dei Carabinieri Reali (39^ e 51^ sezione), del Genio (LI battaglione) e dei servizi.
La forza iniziale del Raggruppamento era di circa 5000 uomini ed era andata aumentando fino ai 9-10000 del 22 marzo, mano a mano che si riformavano i reparti e venivano inviati in prima linea. Il limite massimo per la “divisione di combattimento” dell’Esercito Italiano, cioè il C.I.L., era stata fissato dal Comando in capo alleato in 14100 unità (su un totale di 341170 di forza complessiva dell’Esercito).
Si trattava, per utilizzare le parole del Gen. Utili, di una massa molto irrequieta suscettibile di oscillazioni spirituali, di depressioni subitanee e quindi costituisce uno strumento di guerra molto delicato. I principali problemi operativi che si ponevano erano dovuti sia alla stanchezza, dal momento che alcuni stavano in prima linea dalla prima decade del mese di febbraio, sia alla mancanza di mezzi corazzati e motorizzati da combattimento che limitava l’impiego in battaglie in campo aperto. D’altra parte però c’era l’elemento d’eccellenza costituito dalla capacità di combattimento in montagna che negli Alleati era molto scarsa. In particolare si distinse il battaglione alpino “Piemonte” del 3° reggimento alpini che fu chiamato ad operare nel settore delle Mainarde dove dimostrò tutto il suo valore e capacità. Qui il fatto d’arme di Monte Marrone (31 marzo – 10 aprile 1944) rappresentò uno spartiacque sia per la considerazione che l’Alleato ebbe di questa unità e del soldato italiano, sia per il morale e la coesione stessa del personale. Con un’operazione da manuale e perdite limitate a poche unità, vennero riscattate tutte la perdite di Monte Lungo. Questo fatto, unito alle sconfitte inflitte in scontri locali alle forze tedesche, contribuì ad aumentare la fiducia e lo spirito combattivo delle truppe. In contemporanea, grazie alle continue pressioni dei Comandanti italiani, si ebbe anche un miglioramento delle condizioni di vestiario e vettovagliamento.
Pressioni che riguardavano anche il numerico del personale di prima linea. Con il rientro della Divisione “Nembo” dalla Sardegna si paventò la possibilità di portare sotto il comando del C.I.L. questa ulteriore unità che manteneva la sua costituzione originaria su due reggimenti di fanteria, il 183° e il 18°. L’idea era quella di creare un Corpo d’Armata su due Divisioni (“Legnano”, formata dalla trasformazione del I Raggruppamento motorizzato e “Nembo”). Il tutto però avrebbe comportato un incremento delle forze fino a circa 24000 unità, ben lontano dalle 14100 fissate. L’ipotesi del Capo di S.M.E., Gen. Berardi, di unire una diminuzione delle altre Divisioni (“Mantova” e “Piceno”) al fatto che la parte eccedente poteva essere tenuta in riserva onde, se necessario, scavalcare o sostituire le forze in prima linea, si scontrava con quella degli Alleati di riformare l’organico mantenendo invariato il numerico.
Il 16 maggio la Divisione “Nembo” rientrò effettivamente dalla Sardegna. In un primo momento, il 18 maggio, il solo 184° reggimento artiglieria venne assegnato al C.I.L.. Il resto della Divisione fu posta alle dipendenze operative del C.I.L. in data 26 maggio. L’importanza che lo Stato Maggiore dell’Esercito dava alla riorganizzazione dei reparti in prima linea si evince anche dal fatto che il 2 giugno fu creata una apposita Delegazione dello Stato Maggiore italiano di coordinamento e collegamento con il V Corpo d’armata Britannico, da cui il C.I.L. al momento dipendeva. Dopo tante pressioni, gli Alleati acconsentirono all’aumento della forza. Pur non divenendo un Corpo d’Armata e mantenendo la formazione binaria come da ordinamento Pariani del Regio Esercito del 1939, dal 20 giugno 1944 il C.I.L. assunse il seguente ordinamento4:
Comando del Corpo Italiano di Liberazione:
­      quartier generale e uffici vari;
­      comando artiglieria (I gruppo da 105/28, II gruppo da 100/22, III e IV gruppo da 75/18, V gruppo controcarro da 57/50, 363^ batteria da 20 mm., gruppo da 149/19 in arrivo);
­      comando del genio (LI gruppo misto del genio);
­      servizi (sanità, commissariato, artiglieria, genio, trasporti e postale);
­      Carabinieri Reali
I Brigata (agli ordini del Col. Fucci):
­     4° reggimento bersaglieri (battaglioni XXIX e XXXIII);
­     3° reggimento alpini (battaglioni “Piemonte” e “M. Granero” di previsto arrivo);
­     185° reparto arditi paracadutisti “Nembo”;
­     IV gruppo artiglieria someggiato da 175/13.
II Brigata (agli ordini del Col. Moggio):
­     68° reggimento fanteria “Legnano” (battaglioni I e II);
­     IX reparto d’assalto;
­     battaglione di marina “Bafile” (che all’arrivo del battaglione “Grado” formerà il reggimento “San Marco”);
­     V gruppo artiglieria someggiato.
Divisione “NEMBO” (agli ordini del Gen. Morigi):
­     183° reggimento fanteria (battaglioni XV e XVI);
­     18° reggimento fanteria (battaglioni XIII e XIV)
­     CLXXXIV battaglione guastatori
­     184° reggimento artiglieria (I gruppo da 75/27, II da 100/22, 184° batteria da 20 mm.);
­     184^ compagnia motociclisti, 184^ compagnia mortai da 81, 184^ compagnia minatori artieri, 184^ compagnia collegamenti e servizi divisionali.
Con questo ordinamento il C.I.L. combatté prima nel settore tirrenico e poi adriatico, fino allo scioglimento, avvenuto il 25 settembre 1944, a favore della creazione dei Gruppi di Combattimento.

Corpo Italiano di Liberazione: Inquadramento nel Corpo di Spedizione Francese in Italia


Costituito in  Africa settentrionale nell'anno 1943,  il C.E.F.I era composto da militari provenienti da differenti aree regionali e anche da differenti religioni .
La grande maggioranza dei combattenti della C.E.F.I. era di origine musulmana,
" truppe di primo ordine, particolarmente adatti per eccellenza al combattimento in montagna “  (De Gaulle).  
Il comando ne fu affidato  al Generale d’Armata Alphonse  JUIN (1888-1967), Maresciallo della Francia.  
Le Grandi Unità francesi del C.E.F.I sbarcate in Italia tra il 1943 - 44  furono:  
-        1 D.M.I (Divisione di Marcia di fanteria), chiamata anche 1 D.F.L, Divisione francese Libero, generale Brosset.  
-        2 D.I.M (Divion di fanteria marocchina), generale Dody,  
-        3 D.I.A (Divisione di fanteria algerina), generale di Montsabert,  
-        4 D.M.M, Divisione marocchina di Montagna, generale Sevez,  
-        Raggruppamento dei Tabors marocchini, generale Guillaume,  
-        Unità organiche dell  esercito.
  
         Posta sotto il comando alleato del maresciallo britannico Alexander, la campagna esordisce per le operazioni della Sicilia (10-07 – 43)  e lo sbarco al sud di Napoli (9-9-43). L'obiettivo degli Alleati anglo-americani è Roma.  
Ma, lungo la linea Gustav (10 e 14 Luglio) l esercito tedesco del maresciallo Kesselring che taglia l'Italia attraverso il massiccio degli Abruzzi, blocca ogni attivita delle truppe  alleate.
 Il C.E.F.I, sbarcanto  a partire da novembre 44, è impegnato nei combattimenti in due fasi la seconda delle quali con il significativo contributo del C.I.L.
v 1 campagna (inverno 44), battaglia dello Monto Cassino (25-01-44), contrassegnata per la conquista  del Belvédère, chiave di volta della linea Gustav, dove si immlò il 4 Rgt di Esploratori tunisini che perse il 1/3 dei suoi effettivi di cui quasi tutti i suoi ufficiali. Si riusci a bucare la linea Gustav ma non a romperla.  
v 2 campagna (primavera 44), battaglia del Garigliano, dove lo scontro più violento fu a Pico. I francesi consegnano agli alleati la strada di Roma.  

         Il giorno 08 Febbraio 1944 avvenne il passaggio ufficiale del Raggruppamento alle dipendenze del Corps Expeditionnaire Francais, quando dal Comando della Divisione Marocchina giunse l’ordine di operazione nr.1 con il quale si comunicava  che il Raggruppamento era messo a disposizione per l’impiego del Generale di Brigata Guillaume , Comandante il Gruppo Nord della Seconda divisione Marocchina.
Il Generale Francese commentava molto positivamente l’ingresso del Raggruppamento, atteso che era necessario rafforzare al massimo l’occupazione dei monti che si estendevano lungo la linea di resistenza
In particolare il settore occupato dagli Italiani costituisce l’estrema ala destra della V° Armata a saldatura con l’VIII° Armata, al fine di proteggere un’ importante via di arroccamento ed assicurare il fianco destro delle truppe francesi. Il terreno è veramente impervio le quote delle posizioni da raggiungere e l’inclemenza della stagione costituisce un duro collaudo dello spirito di sacrificio delle truppe italiane. In particolare  al Raggruppamento, che sostituisce il 4° gruppo Tabor Marocchino, viene dato il compito di proteggere la strada di arroccamento a COLLI-SCAPOLI –CERASUOLO ed assicurare il collegamento a CASTEL S. VINCENZO con la Divisione polacca.
Tale attività  era ritenuta necessaria al fine di disimpegnare unità francesi per il successivo reimpiego in altri settori. Agli inizi di Febbraio provenienti dalla Sardegna giungono altri reparti Italiani ( 1° Battaglione Arditi- 2° Battaglione Fanteria del 68° Reggimento) tanto che il
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Comandante Utili in considerazione della consistenza organica raggiunta crea un comando della Fanteria a decorrere dal 14 Febbraio al quale viene preposto il Col. Fucci. Un mese più tardi a

completare il dispiegamento organico giungerà il Battaglione alpini, in tempo per partecipare alle operazioni di occupazione di Monte Marrone.
Successivamente a seguito dei ricambi delle aree di operazione il Raggruppamento italiano trasformatosi in C.I.L. passerà alle dipendenze della V° Divisione Polacca in data 27 Marzo 1944 rimanendo a presidio delle aree in cui già are impiegato. I rapporti tra il corpo di spedizione francese ed il 1° Raggruppamento risultarono invece ottimi, improntati a cordialità e rispetto reciproco, con i Generali francesi Juin e Guillaume che ebbero un atteggiamento di grande disponibilità e  che valorizzarono il contributo italiano allo sforzo bellico comune. In particolare il Generale Guillame , come riportato dal Generale Utili nelle sue memorie, si impegnò per aiutare materialmente le truppe italiane ed espresse, una volta sancito il passaggio del 1° Raggruppamento Motorizzato alle sue dipendenze nel settore  Nord della 2^ divisione marocchina, la sua profonda soddisfazione di avere ai suoi ordini truppe italiane ed inneggiò anche alla fratellanza delle armi delle due nazioni.[i]
   
               Durante la campagna di Italia tra 1943 e 1944, le truppe coloniali del corpo di spedizione francese furono responsabili di numerosi atti di violenze contro la popolazione civile italiana. I voli, gli attacchi a mano armata, i saccheggi e gli stupri furono soprattutto molto frequenti. Furono inizialmente, solamente degli atti isolati, commesso per gli individui soli, e puniti dalle autorità alleate, francesi come anglo-americane. Durante l'offensiva vittoriosa dell'estate 1944 che permise di superare il linea Gustav, le truppe francesi hanno ottenuto da parte dei loro superiori una relativa libertà di azione, trascinando degli stupri di massa. All'inizio degli anni 1950, l'Unione Dà Italiane, ha censito circa dodicimila vittime di violenze sessuali.
               Al termine delle operazioni, il C.E.F.I (120.000 u),  conta circa  7.000 militari caduti , 30.000 feriti, 4.200 scomparsi, possiamo dire un terzo dei suoi effettivi.
Tale bilancio costituisce una delle piu elevate perdite che i reparti francesi abbiano mai riportato durante la guerra moderna. 


















                                                                                                                                                  

[i] Vedi Conti