Fin
dall'inizio del conflitto ci si rese conto di due cose: primo che le scarpe da
riposo erano del tutto inutili in periodo di guerra, secondo che lo stivaletto
delle armi a piedi non offriva sufficiente resistenza sulle zone montuose. Fu
ordinato allora di ritirare le scarpe da riposo, operazione che iniziò
nell'ottobre del 1915, sostituendole con un secondo paio di scarpe più adatte
al tipo di terreno, gli stivaletti per truppe da montagna mod. 1912.
Rimanenva
però il problema del primo paio di calzature, che non andavano. Nello stesso
tempo si era visto che l'eccesso di modelli di calzature (ben tre: uno per armi
a piedi, uno per truppe da montagna ed uno per armi a cavallo e bersaglieri
ciclisti) aveva creato, nei primi mesi di guerra, seri problemi ai
rifornimenti, costringendo, e non sempre era possibile, ogni magazzino ad avere
sufficienti quantità di ogni tipo a rischio, com'era accaduto, di esaurire nel
giro di brevissimo tempo le scorte di un modello e di avere invece eccessive
giacenze di altri tipi, che sarebbero stati magari ultimissimi a qualche altro
magazzino situato a pochi chilometri di distanza.
Nel
gennaio 1916 il tenente colonnello medico Pace proponeva per ragioni sanitarie
di sostituire lo stivaletto delle armi a piedi con quello delle truppe da
montagna.
Il
parere dell'ufficiale e la considerazione che un solo modello di scarpe avrebbe
consentito una maggiore facilità di rifornire le truppe, portò all'adozione per
tutti del mod. 912 per truppe da montagna. A differenziare le calzature rimase
la sola bullonatura della suola, precedentemente in uso: "forte
chiodatura" per truppe da montagna, "ali di mosca e diamante"
per le armi a piedi, "bullette a testa circolare con gambo a freccia"
per le armi a cavallo e per i bersaglieri ciclisti.
La
nuova calzatura poneva però un grosso problema.
Lo
stivaletto per truppe da montagna mod. 12 non aveva il gambale alto come quello
delle armi a piedi, per cui il pantalone non era sufficientemente contenuto al
fondo delle gambe. Vennero così introdotte anche per le armi a piedi le fasce
mollettiere.
La
prima grossa fornitura di fasce mollettiere si ebbe il 14 novembre del 1916,
quando vennero distribuite le prime 100.000 paia.
L'adozione
delle fasce suscitò una grossa diatriba e forse mai capo d'abbigliamento fu
così al centro di polemiche, che produssero una marea di carta e una sequela di
giudizi contraddittori anche a guerra finita.
Ogni
anno, alla fine della campagna invernale, l'Intendenza Generale richiedeva alle
varie Intendenze d'Armata delle relazioni sui vari capi usati nel corso
dell'inverno; in esse ritroviamo puntualmente, ogni anno, la diatriba sulle
fasce. Così scopriamo che la 1° e 2° Armata espressero giudizi sfavorevoli
sulle fasce mollettiere, a loro avviso inadatte a riparare sufficientemente le
gambe del soldato dai rigori invernali; inoltre una volta inzuppate,
nell'asciugarsi si ritiravano stringendo il polpaccio ed ostacolando la
circolazione del sangue. D'altronde, se venivano allentate secondo le
indicazioni per ovviare all'inconveniente, tendevano a scivolare. La 4° Armata
e la Zona Carnia ne erano invece entusiaste; trovavano che le fasce erano
resistenti agli urti ed alle sfregature e soprattutto facili da asciugare
quando si bagnavano. La 3° Armata invece propose, nella sua "relazione
sugli indumenti e materiali invernali della campagna invernale 1916-17",
la convivenza delle fasce mollettiere con i calzettoni di lana.
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