Obiettivo della Civica Galleria: La Scuola

Il Blog ha assunto nel tempo due funzioni. La prima è quella di essere espressione del Figurino Storico.
In un mondo globalizzato, lo studio della storia è sempre più indipendente pr capire le origini delle civiltà e questo è il nostro obiettivo primario
Con la denominazione "Civica Galleria del Figurino Storico" si vuole appunto sottolineare la creazione di un vero centro museale, l'unico nelle marche, sulla base di un progetto condiviso tra l'Assessorato alla Cultura del Museo di Osimo, la Società Parko spa che gestisce il trasporto pubblico locale e l'associazione Tavola Rotonda, impostato sullo stile dei grandi musei come lo Stibbert di Firenze e quello di Calenzano dove il figurino storico viene utilizzato come strumento didattico e invito allo studio della storia.
Gli obiettivi della Civica Raccolta osimana sono i medesimi, ma una attenzione particolare è rivolta alle scuole, sopratutto elementari e medie, dove lo studio dei questa materia da parte dei bambini avviene spesso in modo mnemonico; ebbene l'utilizzo del figurino storico vuole essere uno strumento didattico integrativo del libro di scuola ed il nostro locale diventare una sorta di aula didattica dove i bambini si possono appassionare a questa disciplina

La Seconda è quella di divenire lo spazio esterno del CESVAM - Centro Studi sul valore Militare dell'Istituto del Nastro Azzurro come spazio per approfondire, oltre che i temi della Uniformologia, anche quelli concernenti le scienze ausiliari della Storia, quali, oltre la Uniformologia, anche la Vessillologia, ovvero lo studio delle Bandiere, l'Araldica, i Mezzi e gli equipaggiamenti, ed il Collezionismo militare in genere ( cartoline, ecc.)

venerdì 30 maggio 2014

1921: da una idea di Giulio Douhet


Il viaggio dell’Eroe

Lungo l’Italia seguendo il Milite Ignoto

 Di Giovanni Cecini

 
Ogni Nazione si alimenta attraverso una liturgia civile, mediante riti e cerimonie uniche e irripetibili. La guerra, come fenomeno collettivo di rigenerazione sociale e di rinascita patriottica, ha molto spesso rappresentato l’araba fenice per i popoli con l’obiettivo di riaffermare i propri valori e peculiarità. In epoca contemporanea, dopo il grande sconvolgimento politico operato dalla Rivoluzione francese, il concetto di conflitto nazionale ha aumentato a dismisura la sua potenza, tanto da alimentare sempre più emulazione e desiderio di partecipazione. In questa logica si spiegano le grandi adesioni nelle guerre dell’Ottocento, fino alle catastrofi planetarie della prima metà del Novecento, con strascichi ancora fino ai giorni nostri.

La Grande Guerra, per la sua collocazione quasi a cerniera di due epoche, con le sue grandi trasformazioni sociali, tecniche e ideali, ancora oggi rappresenta un avvenimento mitizzato da larga parte della memorialistica e da una grossa fetta della storiografia. Sarà stato per il canto lirico di numerosi poeti, che vi parteciparono, o per il fulgido volontarismo di una nuova generazione di giovani, che questo conflitto, molto più di altri precedenti o successivi, ha incarnato in ampi strati collettivi il senso autentico di Patria, Nazione e Popolo, nelle loro più ampie accezioni. Per fare solo un esempio: i socialisti di quasi tutti i Paesi europei, di massima contrari all’uso delle armi tra i popoli, in quella circostanza fecero causa comune con i destini dei propri Governi, identificando il nemico borghese nell’avversario nazionale, espediente classico per ogni crociata salvifica.

Anche l’Italia ha partecipato a questa grande “festa” patriottica, in cui contribuirono non solo alcuni retaggi socio-politici risorgimentali, ma anche uno strato culturale diffuso di intellettuali di ogni colore politico. Al termine del conflitto, giudicato dai contemporanei con ingenuo ottimismo l’ultimo da combattere, la pace vittoriosa – nonostante le ricorrenti polemiche sul rapporto tra i sacrifici sofferti e i ricavi ottenuti – doveva essere celebrata, proprio perché frutto di una partecipazione unanime di tutto il Paese.

E’ per questo motivo che, nel bel mezzo del cosiddetto “Biennio rosso” e delle gravi fratture socio-economiche dovute al conflitto, il desiderio da parte dello Stato di unificare tutto il popolo italiano ripercorse i passi del sentimento patriottico.

Fu di Giulio Douhet l’idea di istituire anche in Italia, a imitazione di altri Paesi, la figura del Milite Ignoto: un soldato sconosciuto e non identificabile che potesse per questo motivo ricordare e onorare tutto il valore e il coraggio offerto dalle Forze Armate nazionali. A seguito di questa proposta, nell’estate del 1921 il Governo predispose attraverso un’apposita commissione la scelta del corpo da onorare e tutto il relativo cerimoniale.

In pochi mesi si arrivò quindi alla solennità in cui, nella basilica di Aquileia il 26 ottobre, Maria Bergamas – madre di Antonio, un disertore austriaco triestino volontario italiano caduto in combattimento e mai ritrovato – scelse tra 11 bare identiche quella che sarebbe divenuta il simbolo assoluto del sacrificio in guerra. Una volta individuata, il Milite Ignoto iniziò il suo viaggio che lo avrebbe portato a Roma. Durante i quattro giorni, che occorsero al treno speciale per raggiungere la Capitale, ali di folla in ogni stazione e in ogni punto della ferrovia onorarono il feretro e così testimoniarono il proprio attaccamento a quello che per ognuno poteva essere un figlio, un fratello, un marito o un padre.

Arrivato alla Stazione Termini, dopo una nuova solenne cerimonia presso la basilica di Santa Maria degli Angeli all’Esedra, il corteo il 4 novembre continuò lungo le gremite strade della città, dove proseguì l’entusiasmo e l’attaccamento al primo caduto d’Italia. Il Sovrano e tutte le autorità civili e militari seguirono l’avvenimento, come comparse di uno spettacolo, in cui il protagonista solo formalmente rimaneva anonimo di fronte al solenne calore, che creava nei cuori degli italiani.

Una volta giunto a Piazza Venezia, presso il Vittoriano che fino ad allora tra mille polemiche era semplicemente la cornice per glorificare il Risorgimento e Vittorio Emanuele II, l’apice della liturgia civile trovava luogo. Il corpo del soldato, inserito nel cuore del monumento, sotto al bassorilievo della dea Roma, da quel momento diveniva il centro ideale e spirituale di ogni patriottismo passato, presente e futuro.

Esattamente a 90 anni di distanza, quando ancora l’Altare della Patria è  il palcoscenico unico e ineguagliato di cerimonie e manifestazioni nazionali, un nuovo convoglio ferroviario ha percorso lo stesso itinerario, rammentando a tutti gli italiani il senso di quell’indimenticabile esperienza. Moltissimi sono stati i partecipanti all’iniziativa, basata su una mostra fotografica e documentale itinerante, che ha ricordato i fatti dell’epoca. La conclusione non poteva che essere di nuovo a Roma, dove a partire dal Presidente della Repubblica e dal Ministro della Difesa, sono stati tanti i cittadini, che a costo di lunghe file, hanno voluto visitare i vagoni offerti dalle Ferrovie dello Stato per questa incredibile iniziativa.
Il nostro plauso va agli organizzatori e a tutti coloro che hanno partecipato

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